lunedì, 7 marzo, 2011, 09:45
Un quarto d'ora di televisione in fascia quasi notturna e "zappingando" da un canale all'altro mi imbatto nel professore che dopo Sanremo, si concede anche Amici e si fuma la Maria De Filippi.
"La musica è finita e gli amici se ne vanno", con tanto di benedizione di chi si è ricreduto e addirittura convertito alla voce dei talent.
Un mare di critici e discografici che, senza vergogna, continuano a intessere lodi e vengono soverchiati dai fischi quando si ricordano per un misero istante di quella che dovrebbe essere la loro funzione.
Così, una battuta di Fegiz su Scanu, necessita di immediata rettifica per non far inalberare i fan del campioncino di due edizioni fa.
La Pettinelli spende mezza banalità che in quel contesto, appare addirittura critica, e gli stessi colleghi le volano addosso.
Dopo il professore, arriva anche la Mannoia e, prima di essere travolto dal duetto con gli occhioni da cerbiatta di una finalista, decido di spegnere il televisore e anche il cervello.
L'encefalogramma della critica musicale Italiana è ormai piatto, ma non è tracciabile né tra i solchi di un vecchio 33 giri, né sulla penna che raccoglie gli mp3.
lunedì, 7 marzo, 2011, 22:49
Fino lì è arrivato?
Proprio vero, quando si imbocca una strada in discesa con forte pendenza, si prende in fretta velocità e fermarsi diventa sempre più difficile!
Povero Vecchioni, ora che ha portato il suo tempo nel suo cognome, anzichè averne rispetto, gli tradisce l'alba,...che non era affatto male invece!
lunedì, 7 marzo, 2011, 22:58
Non ho seguito il festival, come sapete, e ho fugacemente ascoltato il brano di Vecchioni ed altri attraverso la radio nei bar dove spesso do sfogo al mio vizio (il caffè, ovviamente).
Ruè ha ragione, e da esperto artista ha dato la giusta definizione: la strada in discesa è quella più facile da percorrere.
Ognuno è padrone delle strade che sceglie di percorrere.
Buona notte.
martedì, 8 marzo, 2011, 10:08
Ciao!
Onestamente il brano di Vecchioni era uno di quelli che mi piaceva meno.
Troppa retorica nei suoi versi, per non dire demagogia.
Ma d'altra parte fa parte di una schiera di cantautori che non mi sono mai piaciuti, e di cui non ho mai ascoltato le canzoni, tranne qualche brano qua e là.
Volete mettere la poesia che c'è nelle canzoni di un Renato Zero, di un Cocciante, o di Dalla, tanto per citarne alcuni?
Buona giornata!
martedì, 8 marzo, 2011, 12:17
Vecchioni, negli anni 70 ha scritto più di una canzone degna di nota.
La canzone di Sanremo è, come dici, piena di retorica, al limite del paraculismo.
Le ospitate in trasmissioni di basso profilo culturale e le sue lodi nei confronti dei talent sono un tentativo patetico di riconquistarsi un posto al sole. Dubito che gli estimatori di Vecchioni siano contenti di una canzonetta spacciata per impegno e rivestita di una discutibile autorialità.
martedì, 8 marzo, 2011, 15:13
Ciao don!
Hai ragione. Le canzoni di Vecchioni di tanti anni fa erano belle canzoni.
Io le ho sempre "sentite" poco, non so perchè: forse non toccavano le corse del cuore, chissà...
Ancora oggi a sentire certe canzoni di Renato Zero (Il cielo, Spalle al muro, la favola mia, inventi, magari, il carrozzone, etc. etc. potre continuare ore) o di Dalla (Anna e Marco, la sera dei miracoli, futura, quale allegria, etc. etc.) mi commuovo.
Altri cantautori, come Vecchioni, Baglioni, Guccini, e tanti altri non mi hanno mai dato grandi emozioni.
