venerdì, 11 marzo, 2011, 09:43
Più che in campo, la moviola, la vorrei nella vita di tutti i giorni: -se la rete è fantasma oppure no, m'interessa relativamente
-se si trattava di un fuorigioco o se la posizione era regolare non
aggiunge o sottrae nulla alla mia giornata.
Però, se il tempo che prendo in considerazione, non è un frazione di gioco relativa a ventidue pedatori in campo, ma riguarda la vita quotidiana, la moviola riscuote tutto il mio interesse e mi schiero tra quanti la sostengono.
Non desidero la moviola per rallentare il tempo, ma per restituire alle ore e ai giorni, la coscienza di essere lì, proprio in quel frammento e in quel momento.
Ha senso osservare i video che ritraggono i tuoi bambini e non considerarli adeguatamente nel momento in cui stanno crescendo?
Qual è il significato di un ingrandimento fotografico che ritrae un particolare di ieri, proprio nell'attimo in cui la mia attenzione si lascia sfuggire quell'adesso che non mi vede tra i presenti?
La moviola mette in equilibrio la "movida", più precisamente, la disgrazia di un tempo che annega se stesso nella frenesia dell'alcool e della ricerca di divertimento fine a se stesso che pompa oltre il ritmo naturale di un semplice battito.
La moviola che indossa la lente degli affetti speciali e non teme una goccia salata sulle labbra per ricordarsi il sapore dell'oceano e dell'infinito.
venerdì, 11 marzo, 2011, 12:09
La moviola che descrivi ed auspichi è quella dell'adesso, dell' "ORA" che sempre dever essere accesa.
Sì, accesa non per trovare particolari inutili o nostagici ricordi di un attimo fa che non è piu' presente, ma modus operandi e vivendi del mio e nostro presente.
Un modo per poter vivere e non farmi vivere, per essere protagonista verso gli altri in modo profondo e responsabile.
Per poterli amare concretamente non solo a parole ma con gli atti del mio giocare per una partita che mi porta in GOL, ma nel GOL piu' bello ed importante della mia VITA, quello di vivere realmente.
Grazie Fabio per questi momenti di riflessione.......
venerdì, 11 marzo, 2011, 22:19
a me piace tantissimo fermarmi a riguardare le foto, anche quelle dei miei genitori da giovani, della mia famiglia mi piace perchè mi aiutano a conoscere e ricordare...momenti belli, persone, il bello è il brutto che è passato e che mi fa essere quel che oggi sono.
é bella l'idea di vivere al rallentatore, per apprezzare meglio il presente; spesso vorrei che il tempo non passasse così veloce, proprio perchè sento che, presa dalle tante cose da fare e sistemare, non riesco a godermi molto!
venerdì, 11 marzo, 2011, 23:32
NON C'ENTRA NIENTE, PERO'...
Alla tv, qualche sera fà, ho visto un filmato girato credo in Afghanistan, nel quale la troupe televisiva seguiva l'auto su cui veniva trasportata all'ospedale una donna incinta colpita ad un posto di blocco, mentre era in macchina col fratello che la portava urgentemente in ospedale perchè stava per partorire.
L'auto su cui viaggiava non si è fermata al posto di blocco delle pattuglie americane, vista l'urgenza del caso, e questo hanno sparato.
Arrivati all'ospedale la troupe continua a seguire il caso e la donna dopo poco muore (lei e il bambino), il fratello disperato racconta tutto ai nostri giornalisti, i quali decidono di andare ad intervistare i soldati americani responsabili del fatto.
Raggiuntili, individuano in un ragazzo di circa 25 anni, colui che sparò ferendo a morte la povera donna (noi diremmo una ragazza, aveva 27 anni) e gli chiedono se era indispensabile e se non prova sgomento sapendo che ha ammazzato un ragazza della sua età incinta che stava per sgravare; lui sereno risponde che hanno ordini dall'alto di sparare a chiunque non si fermi ai posti di blocco e non può permettersi di intenerirsi perchè è il suo dovere.
Alla fine il ragazzo sotto le pressanti domande dei nostri giornalisti, pareva che cominciasse a dimostrare un pò di nervosismo camminando nevroticamente nella stanza e rispondendo in maniera sempre meno sicura; a quel punto intervenne un ragazzone enorme (ne fà 2 di me) e si mette davanti alla telecamera imponendo di spegnerla,...si sentono solo più le parole e si perdono le immagini.
Il ragazzone afferma con un vocione degno di un cantante d'opera, che se loro si intenerscono e si interessano di chi muore, si indeboliscono, se si indeboliscono diventano loro stessi prede, se diventano prede finiscono per morire loro.
Il tutto con una logica ed una efferatezza bellica che rasenta il progetto di un robot programmato; stupito e con gli occhi pieni di quella morte (avvenuta sotto gli occhi delle telecamere e trasmessa), ma peggio di quella distanza dalla responsabilità dell'accaduto dei soldati americani, molto machi e poco disposti al dialogo senza armi, mi sono coricato e ho trascorso la notte in bianco senza riuscire a calciare lontano da me, la scena di ragazzi che potrebbero essere miei figli che hanno già acquisito un idea della vita molto precaria.
Della vita altrui, ovviamente!
E non sono nati nei ghetti di Napoli o Palermo!
Nulla da aggiungere, perchè è abbastanza...
sabato, 12 marzo, 2011, 08:27
Non ha alcuna importanza il tema...
è una riflessione utile e hai fatto bene a postarla.
Grazie
Fabio
domenica, 13 marzo, 2011, 01:35
Prima di essere frainteso faccio una premessa: la violenza, comunque e da qualunque parte venga, va condannata.
E adesso, però, vorrei cooscere i commenti dei giornalisti perbenisti sempre a caccia di uno scoop se, al posto della povera partoriente, nella macchina ci fosse stato un esaltato imbottito di esplosivo: avrebbero intervistato Bin Laden?
E potremo scrivere per ore intere chiedendoci che cosa stiamo a fare in quella terra sperduta, priva di interessi economici, senza petrolio e materie prime che hanno "giustificato" l'esportazione della democrazia in Iraq; ci chiederemmo perchè i nostri soldati rischiano la vita, e in nome di che cosa.
Ma al giornalista interessa colpire l'interesse dell'opinione pubblica; la morte di un soldato non fa notizia quanto la morte di un civile che, senza l'intervento militare, non avrebbe avuto nemmeno l'ospedale in cui stava tentando di andare.
Chissà perchè, poi, su vicende come questa si spendono fiumi di inchiostro e kilometri di pellicola, mentre sul kamikaze che si fa esplodere in mezzo alla folla del mercato c'è solo un trafiletto in fondo alla pagina.
A telecamere spente, il giornalista commenta fiero: "non fa notizia".
Buona notte.
domenica, 13 marzo, 2011, 11:22
NO!
Proprio no!
Non è così!
Sembra quasi che io inveisca contro i tuoi post, e non è questo che voglio invece, ma la verità che racconti tu non è assulutamente la verità che ho visto io.
Quà il giornalista c'entra e non c'entra, o meglio può entrarci nella individuazione delle fonti da ascoltare, per poi ovviamente aggiungere al suo lavoro da cronista: il suo pensiero.
Ma quello che comunque ho visto è terribilmente scioccante perchè evidentemente molti di questi soldati - io penso non solo americani ma anche italiani e del resto del globo terrestre - vengono proprio "iniziati" ad una sorte di morte interiore che cancella ogni sentimento in nome di "ordini superiori"; senza contare il fatto che i due intervistati erano due supermachi tipo quelli che si incontrano ai raduni di certi motociclisti Harley, per capirci: tutto muscoli e niente cervello?
No, direi che è un pò poco!
Grande, grosso e vuoto....mi sembra una lettura più aderente: urla in luogo di parole, un gesticolare con le mani che evoca più l'uso delle botte che quello delle parole e in un certo senso serve a "spaventare" l'intelocutore, un uso bellico anche del proprio porsi e una sottintesa quanto evidente irrisione di chi non è all'altezza...cioè abbastanza macho, pochi pensieri o meglio nessuno...tutti subordinati agli ordini dall'alto e soprattutto - oltre a non avere nessuna capacità di elaborazione individuale dei concetti - assolutamente immuni da un senso di schifo e di vergogna umana per quanto il loro "lavoro" porta al mondo: morte!
Che un ragazzo non si interessi e la sua coscienza non venga "svegliata" dalla morte provocata ad una giovane donna per mano sua, è semplicemente allucinante; quand'anche tutto ciò venga giustficato da una "logica" di guerra, è assurdo che un senso di colpa e di schifo non lo colga!
E'la stessa morte dell'anima che si vede in tante persone che possono vedere morire al loro fianco un qualunque essere umano, senza battere ciglio; è la stessa morte dell'anima che viene impartita oggi ai giovani su come comportarsi per "avanzare" nella vita: mors tua vita mea; è la stessa morte dell'anima che spinge molti ad ammazzare qualcuno per gioco, per setta satanica, per sesso o semplicemente per l'impulso di ammazzare un pò come lo squalo quando vede il sangue.
Bada bene che non ho paragonato il loro "lavoro" a questi soggetti che ho elencato, ma la freddezza di questi militari che ho visto e molti altri come loro alla morte completa dell'anima che è evidente in questi soggetti elencati!
Mio nonno paterno era un semplice vigile urbano, ma quando è stato obbligato a stilare una lista di tutti i cognomi ebrei presenti nella zona di sua pertinenza e consegnarla alle autorità competenti, non solo si è rifiutato e ha avuto punizioni personali per questo, ma si è anche fatto premura di avvertire tutti quanti conosceva che sapeva essere ebrei, inoltre ne ha nascoste alcune famiglie nella sua cantina per parecchio tempo.
Questo penso, sia un esempio di cui un nipote può avvantaggiarsi come piattaforma per crescere, prima ancora che nella cristianità, nella dignità umana che dovrebbe percorrere la spina dorsale di tutto il nostro passaggio sulla terra.
Se togliamo questo, rasentiamo il robot, come dicevo!
Cosa racconteranno questi ai loro nipoti?
Che hanno obbedito a degli ordini?
Ma per piacere!
Tu ne hai fatto immediatamente una considerazione politica, che invece mi era del tutto estranea; infatti ho premesso che non ricordo se si trattasse dell'Afghanistan e nemmeno mi interessa saperlo.
Perchè ciò che mi ha colpito non è stata una decisone militare o politica, ma l'adesione illimitata al "dovere" che gli è stato imposto dall'alto; è in più come ti dicevo: sembrava di stare ad un raduno motociclistico di "supermachi" in Harley, quindi la "stoffa" era già quella giusta su cui costruire un campionario di idiozia tale, identico a quello che si costruisce sulla pelle di un ragazzo che deve fare il kamikaze, anche se si fà leva su presunti sentimenti religiosi!
Ma credo che un ragazzo che si fà saltare per aria per uccidere altre persone - fermo restando che è ovvio che si tratta di un esaltato oltre che pluriassassino, e da condannare completamente - debba essere molto più convinto di quello che stà facendo - visto che và a morire con certezza - del supermacho "Harley" che si augura di poter raccontare gesti degni di un eroe da fumetti, e freddezza e forza (che vengono confuse) inaudite che li facciano sentire al riparo da ogni debolezza, anche dalle domande di un giornalista che lo interroga sull'uso della sua coscienza, forza e pensiero.
Sul fatto molto più circostanziato che riguarda il "fare notizia", di cui tu accusi questi giornalisti,....ti ricordo che semmai è il contrario: in un'epoca in cui si tenta di dare un senso sproporzionato a gesta di soldati che non sono quasi mai così eroiche come dipinte, e di giornalisti sottomessi completamente a questi giudizi e queste logiche (se vogliono lavorare), la voce fuori dal coro di pochi giornalisti che ancora sanno cogliere il senso vero della vita e che per questo sono disposti anche a rischiare, come si è visto dall'accoglienza dei soldati,...è da ammirare!
E fà così notizia che anzichè venire implacabilmente propinata a tutte le ore centrali della giornata su tutte le maggiori tv, suffragata da servizi e pareri "autorevoli", passa alle due di notte su una tv piccolissima, tra l'altro cristiana: tv 2000, mi pare si chiami!
domenica, 13 marzo, 2011, 12:44
Grazie a te Fabio!
Di suggerirci ogni giorno una riflessione su ogni argomento, dal punto di vista cristiano!
I tuoi articoli, sono come le migliori pagine di "Famiglia Cristiana", che stimo tantissimo e di cui apprezzo il coraggio di emettere un grido al di fuori del coro e di ogni logica commerciale!
Buona Domenica!
Rué