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"Pirromani" 
lunedì, 2 maggio, 2011, 10:17


Finalmente hanno trovato Osama Bin Laden e possiamo festeggiare il grande successo di un uomo che muore per la sicurezza del nostro mondo.
Non ci sarà più terrorismo e tra poche ore finirà anche il conflitto Afghano e quello Irakeno.
I Cinesi sono pronti ad abbattere la muraglia, mentre la Corea del Nord, l'Iran e l'Arabia Saudita si apprestano a vivere in un contesto democratico e in dialogo con il buon vecchio occidente tutto stelle e strisce.
Sarà lui, sarà qualcun altro, sarà propaganda elettorale, sarà quel che sarà dicevano almeno due differenti motivetti sanremesi, ma non c'è violenza che non produca pace duratura e gli estimatori di Pirro hanno ormai perso l'abitudine di contare le proprie perdite.

hermione 
martedì, 3 maggio, 2011, 10:14
a me lasciano davvero perplessa queste manifestazioni di gioia per la morte di una persona, come se questo bastasse a fermare il terrorismo e le guerre...
io credo che invece non si sia arrivati proprio a niente, che da qui non si innescheranno altro che reazioni a catena per cui ognuno dovrà vendicare qualcun altro, che poi altro non sono che scusanti per giustificare guerre e azioni guidate dai puri interessi economici!


Rué 
martedì, 3 maggio, 2011, 10:17
SPARARE O SPERARE?
Festeggiare una morte - di chicchesia - è come osannare al più grande fallimento della vita!
E' questo che centinaia di milioni di americani e miliardi di persone in tutto il mondo stanno facendo.
Affermano: con l'amore si perde sempre, solo la violenza porta vittoria; che equivale a dire: il linguaggio della morte trionfa sempre sul bene, sulla vita.
Siccome sono fermamente convinto dell'opposto, lascio ai "morti" festeggiare la morte e ai vivi festeggiare per la vita che continua e che continua a sperare - contro ogni sparare - che i frutti dell'amore portino semi anche tra i moribondi che continuano a presumenre di difendersi dal male con altro male, dalla morte con altra morte.
Mai che venga l'idea di seminare la vita con altra vita!

Mino 
martedì, 3 maggio, 2011, 14:06
Mi è rimasto impresso lo sguardo del sacerdote che ha pregato e benedetto il corpo di mio padre composto nella bara.
Veniva dalla ex Jugoslavia, dove i "nemici" avevano sterminato la sua famiglia compreso il fratellino adolescente dopo aver violentato madre e sorelle.
Non c'era odio nel suo sguardo.
Non si può dire lo stesso fra i parenti delle vittime dell'11 settembre, fra i parenti delle vittime delle stragi di mafia o del terrorismo, e nemmeno fra i parenti delle vittime della strada.
Possiamo condannarli per questo?
Non ho letto odio ma solo sete di giusizia negli occhi della vedova e dei figli di un mio cliente gioielliere assassinato durante una rapina compiuta da balordi benestanti in cerca di emozioni forti; sete di giustizia finita dopo dieci anni di carcere fra pentimento, buona condotta, amnistie e indulti vari.
Gli assassini sono in libertà; sicuramente non avranno più bisogno di emozioni forti, ma la giustizia degli uomini non ne è uscita vincitrice.
E' facile, molto facile parlare quando non si è toccati in prima persona.
Crediamo fermamente nella non violenza, nel dialogo, ma come si fa a dialogare con i sordi?
L'esempio dei martiri cristiani sbranati dai leoni o uccisi dai gladiatori non è sufficiente all'uomo per cambiare il suo modo di pensare.
Il terrorista è morto, e la propaganda la fa da padrone, con la clemenza della sepoltura secondo il rito islamico, con la pietà nel non mostrarne le foto, con il mistero di come si sia arrivati alla sua fine e di chi effettivamente abbia premuto il grilletto.
Sarà vero? sarà solo propaganda?
Ai posteri l'ardua sentenza.

P.S.: non è che anche Carletto abbia partecipato all'operazione in Pakistan? E' da molto che non si sente...

ALTRO 
martedì, 3 maggio, 2011, 16:12
Le parole di Mino fanno riflettere.

Però non riesco a gioire per la morte di un uomo, sebbene criminale.

A volte mi è capitato di tirare istintivamente un sospiro di sollievo ad una notizia del genere: "Tentativo di rapina, ucciso il rapinatore", perchè non era morto nessun "buono", ma solo il "cattivo".

Poi, quando ho visto il rapinatore ucciso, la moglie, i figli, mi sono vergognato di quel pensiero.

Soprattutto c'è un'immagine che mi sconvolge: penso a quel rapinatore qualche anno prima, quando era un bambino piccolo, ed anche lui era innocente, come tutti i bambini.

Questo pensiero e questa immagine fanno soffrire, perchè quella vita ha preso una piega che neppure lui voleva.

In definitiva, non si può essere contenti della morte di un uomo.

Solo a Dio, che ha parole di Vita, di Vita Eterna, possiamo affidare le nostre preghiere e i nostri drammi umani, per trovare una risposta che noi non possiamo dare.

:BACIO:

dieffe 
mercoledì, 4 maggio, 2011, 09:19
Non credo che le vittime abitino solo negli States, nè che i carnefici siano solo quelli con la barba. Non è che Bin Laden si sia fatto da solo e per un bel po' di tempo, così come Saddam, ha goduto di appoggi e armi da parte di chi chi li considerava "amici".
Duemila anni di storia e siamo ancora qui a pensare che i buoni abitino da una parte e i cattivi dall'altra.
Se il figlio islamico di una vittima di una di queste guerre decidesse e riuscisse ad assassinare Obama, di fronte a chi festeggia e celebra vendetta, risponderemmo con l'indignazione che si riserva ai barbari.
Certo, le nostre vittime sono sempre più vittime di quelle altrui.

Rué 
venerdì, 6 maggio, 2011, 00:04
Come quel sacerdote che ha benedetto la salma di tuo padre!
Così anche il sig. Castagna a cui i coniugi Olindo e Rosa hanno sterminato la famiglia.
Così anche Papa Wojtyla col suo sicario - che per fortuna non ha centrato in pieno il bersaglio.
Così tanti sig. Nessuno, che ogni giorno perdonano e digeriscono cose che a molti sembrano impossibili al solo pensiero.
A questi bisogna dare voce e questi sono la vera forza, gli altri rappresentano la debolezza, l'incapacità di perdonare, l'abbandonarsi al più facile odio.
Un cristiano - penso - dovrebbe sempre giustificare chi perdona e, semmai, se ritiene di non essere all'altezza di un possibile eroe, ammettere che quella è la strada da imitare il più possibile, quand'anche le nostre capacità siano ben al di sotto di di questi grandi uomini.
Viceversa giustificare chi odia - perchè provarlo sulla propria pelle è differente dal sentirlo raccontare - equivale a riconoscere che il Vangelo è una bella favoletta per far capire le parti: il bene e il male; ma che non và presa troppo sul serio essendo effettivamente impossibile nel terzo millennio pensare al perdono come unica arma contro il male, pensare che un amore coniugale possa durare tutta la vita, pensare (soprattutto per chi vive in un paese d'occidente) che arricchirsi economicamente sia la strada più veloce per perdere di vista Cristo, pensare che concentrarsi sui valori e arricchire la vita di tanti piccoli capolavori di umanità porti un beneficio reale agli attori, pensare di evadere la frivolezza che rappresenta la freschezza della vita e dell'eterna gioventù.....
Pensare senza produrre denaro o investimenti successivi è un peccato!
Forse il peccato più grave che questa nostra società ci insegna ad evitare, fin da piccoli nelle scuole e poi crescendo imparando a capire che anche la "cultura" è un capitale, e và maneggiato con la stessa cura con la quale si trattiene il denaro tra le mani.
Santa!
Ma santo non è chi usa il Vangelo in alternativa a Cappuccetto Rosso!

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