mercoledì, 2 novembre, 2011, 10:37
Non è più tempo di reagire, è ora di agire, di chiamare e non di ricevere chiamate, di battere e non di rispondere.
La vita può essere guidata se siamo noi a fare la prima mossa, se evitiamo di chiuderci in difesa, se abbiamo il coraggio di andare ad attacare il re avversario sulla scacchiera anziché proteggerlo con il solito arroco. Un pedone deve smetterla di muoversi di un solo passo perché così di ce la regola, deve sognare d'essere alfiere e tracciare la propria diagonale, deve inventarsi regina e riappropriarsi del movimento del cavallo, deve osare e buttare a mare la regola per non perdere cuore e partita.
Non esiste il due di picche, ma esiste la convinzione di essere tali e una percezione così bassa di se stessi che rinuncia in partenza all'asso potenziale.
Non c'è moviola nella vita reale: se l'attaccante è caduto, arpionato dall'uscita scomposta del portiere e l'arbitro ha decretati il rigore, quel rigore sarà comunque battuto. Possiamo osservare mille volte le immagini mentre la palla s'insacca alle nostre spalle o dirigerci sicuri verso l'angolo e bloccare a terra quel pallone velenoso.
E' tempo di agire e di pensare seriamente che quanto stiamo immaginando si può davvero realizzare: prima che il nostro gesto diventi figlio dell'azione di chi abbiamo di fronte, della situazione che stiamo affrontando, del problema che non riusciamo a risolvere.
I più si perdono in reazioni dettate dall'istinto e dall'abitudine, ma chi vuole davvero cambiare qualcosa di questo mondo, cambia se stesso e inizia ad agire.
giovedì, 3 novembre, 2011, 23:53
Tre parole.
Agire e reagire.
E dicono tutto quello che ho cercato disordinatamente dire con fiumi di parole.
Di questo si tratta: chi crede almeno un minimo in sè stesso, prima ancora che in Dio, può passare all'azione e non trattenere più la sua voglia di essere "attore protagonista" e non semplice spettatore.
Chi è convinto di avere delle idee e delle energie da spendere, non tiri per aria la moneta, la sorte può attendere, il futuro no!
C'è tanto fa fare, o meglio ancora da rifare, e alle volte fare 3 passi indietro equivale a farne 10 in avanti; con tutte le necessarie differenze che tempi e modi impongono, ma la radice non cambia.
Da un albero di ciliegie nasceranno sempre e soltanto ciliegie, seppur si possano modificare ramificazioni e potature e concimazioni, ma l'albero è quello.
E' da folli pensare che un tempo nuovo annulli l'uomo per quello che era, si può soltanto uscire dai binari e andare alla deriva, e stiamo correndo vivacemente questo rischio, superficialmente e con la fretta di scappare da quell'uomo che sentiamo respirare dentro di noi.
Per la prima volta - forse - l'uomo ha paura dell'uomo, e tenta di imitare una macchina o peggio, di inventare un uomo figlio della macchina, che sappia restare lontano dai sentimenti e da ogni coinvolgimento emotivo per non correre il rischio di dover amare.
E dover pensare dal punto di vista di chi ama, anzichè da quello di chi se ne frega.
Siamo ancora in tempo, e cambiare tante piccole cellule può significare la ricostruzione dell'organismo, perchè ognuno di noi può essere non soltanto una di queste cellule, ma un amplificatore di coraggio, di speranza e di energia positiva.
Ripartiamo da noi e dai nostri cari e dai nostri amici, e facciamo sentire senza paura la voce del cuore, e quando ci sentiamo soli e riteniamo che sia una battaglia persa in partenza e che non vale la pena di giocare...
Ripensiamo in grande e ricordiamo che fà sempre molto più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.
"Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo" diceva Gandhi e ancora "se non rispondono al tuo appello, cammina solo".
E tanti soli, sono già una comunità: di intenzioni, nei progetti e alla fine anche nei risultati.
Non temiamo la solitudine, e soprattutto: non sottovalutiamola: hanno cambiato il mondo molto di più pochi uomini soli, che grandi masse organizzate.
venerdì, 4 novembre, 2011, 07:53
Piena sintonia caro Rué!
Qualcuno legge e qualcuno ascolta!