lunedì, 12 dicembre, 2011, 08:16
Non è mai semplice invecchiare ma inaridire è peggio.
Le rughe raccontano un'età e dichiarano saggezza, però...
Mi chiedo dove sia la sapienza in un vecchio che diventa geloso del sorriso e della meraviglia di un bambino.
Osservare chi corre e abbandonarsi alla sofferenza delle proprie gambe stanche, concedersi all'invidia e non saper gioire della giovane vita che ci passa accanto...
Provare gelosia per quelle voci che strillano e arrabbiarsi con il fiato che non sostiene più il proprio canto...
Non sono le troppe stagioni a scrivere vecchiaia sulla nostra pelle, ma quella dannata impermeabilità al linguaggio dei sentimenti e degli affetti, quel deserto arido che ferisce la terra per assenza di compassione e chiude il cerchio della vita nell'isolamento che mormora dove dovrebbe ringraziare.
lunedì, 12 dicembre, 2011, 21:23
L'età è un fatto mentale!
C'è molta gente che si interroga quasi tutti i giorni sulla propria età e cerca di adeguare stili di vita, colori e gestualità a quella che considera la propria condizione.
Peggio - ma non sempre - quando le condizioni di salute non aiutano.
Personalmente penso che l'anno è bello tutto quanto, e affermare che la primavera è meglio dell'inverno è forse troppo facile, ma anche falso; anche l'inverno con il suo silenzio, la sua panna spalmata sulle colline, il suo gelo e le mani arrossate, i suoi rami secchi,....ha il suo fascino e ci insegna che dopo la morte arriva sempre la vita.
Ma non è tutta morte quella che sembra morte; c'è anche il calore del ritrovarsi davanti a un camino acceso col suo scoppiettare di legna che brucia, un buon bicchiere di vino rosso e la tavola che aggrega, che invita al dialogo...
L'autunno e l'inverno della vita umana, li immagino come una lente di ingrandimento dei pregi e difetti che si sono avuti per tutta vita: chi aveva un caratteraccio diventa ancora più arrogante e insopportabile, ma chi aveva qualche sensibilità la aumenta e trasmette più sicurezza ai più giovani, proprio per quella sua barba bianca e movimenti un pò più lenti, che in realtà costruiscono un ponte verso l'alba della vita, un ponte che sembra più immortale della forza asciutta di un giovane.
La voce che canta sfuma - è vero - ma guadagna in espressività, in colore, perde la forza dell'intenzione ma acquista più fascino anche se cade prima, anche se svuota certe frequenze,....le riempie di vita vissuta.
Fabrizio De Andrè, quando lo chiamavano poeta, rispondeva che preferiva considerarsi un cantautore per prudenza: perchè da ragazzi tutti scrivono poesie e poi con l'età che avanza rimangono solo i cretini e i - pochi - grandi poeti.
Secondo me, sbagliava!
Si può estendere il concetto a tutta l'arte in effetti, perchè da ragazzi tutti suonicchiano uno strumento o disegnano qualcosa anche solo su un quaderno, ma poi gli anni si portano via i sogni e rimangono solo i sognatori ad oltranza - i cosiddetti cretini - ad ostinarsi a continuare.
Pur avendo scelto di fare il musicista per professione - anche se questa parola stona proprio e non la digerisco - voglio essere prudenzialmente considerato uno di quei cretini, piuttosto che autoproclamarmi un grande; uno di quei cretini che ancora respirano e sognano, uno di quegli zingari a cui l'età non interessa e continuano a lanciare la palla oltre il muro aspettando che qualcuno "ce la rimbalzi" e qualcuno ce la rimbalza nel cuore, che resta vivo anche quando la carne si piega, ma lo sguardo resta alto come nella musica zigana e nel flamenco.
Lascia morire l'invidia dell'alba e progetta la tua vita oltre i tuoi sensi, in questo l'arte ti può aiutare molto.
E' meglio un "cretino" in più che un corpo morto, un corpo vuoto!