venerdì, 5 luglio, 2013, 11:39
Ho smesso di considerarmi borderline; ho osservato meglio il manicomio che mi circonda e non posso più reggere il peso di una concorrenza spietata.
Ci sono persone che riescono a non parlarsi da un paio d'anni e si salutano a stento, con un sottile filo d'ipocrisia pseudocristiana: se dovessero spiegarsi reciprocamente le loro ragioni, annegherebbero rigurgitando latte materno.
Vedo uomini che potrebbero campare almeno una decina di vite senza dover lavorare, capaci di piangere miseria in casa di chi non riesce neanche a pagare un modesto canone d'affitto.
Qualcuno è diventato un'applicazione del proprio smartphone e qualcun altro lo puoi frequentare solo sulla sua pagina di Facebook.
Cresce l'esercito dei bimbiminchia che invadono a frotte il marciapiede e calpestano anziani invisibili ai loro occhi.
Sagome umanoidi litigano col proprio ego e fanno il muso anche alla propria immagine riflessa da una pozzanghera.
Seconde, terze e quarte file di Suv che si vergognano del proprio conducente che sta cenando in un ristorante cinese o è intento a giocare al superenalotto: le priorità sono priorità e non si discutono!
Preti con una gomma in mano che innaffiano una signora colpevole di transitare su un passaggio pubblico con il proprio cane al guinzaglio.
Se continuo a guardare potrei anche inorgoglirmi e illudermi di essere diventato saggio; meglio chiudere gli occhi o abbassarli su un libro qualunque che non sia 50 sfumature di grigio o affini.
venerdì, 5 luglio, 2013, 23:16
E' bella, è vera, è attuale!
Mai come ora si può dire che essere fuori equivale ad essere esattamente dentro!
Persino Vasco Rossi se n'è uscito con la sua massima che dice così: "essere trasgressivi oggi significa sposarsi, allevare i figli e andare al lavoro"...
E c'ha ragione!
Perché ora come ora tutti vogliono essere strani a tutti i costi, ma lo sono soltanto ai danni degli altri.
Però forse il significato di borderline che utilizzi tu, raggiunge i limiti dell'idiozia umana: in chi pensa di essere "sopra" e non riesce nemmeno ad essere presente, in chi percepisce come un traguardo una grossa macchina da parcheggiare sopra il marciapiede per far comprendere agli altri che il comando ha un suo padrone: il denaro, in chi usa l'astuzia al posto della fatica per vivere, in chi usa Dio come carta di credito...
La pazienza ormai ha rotto gli schemi del silenzio, ed uscita in piazza armata; tutti vogliono essere protagonisti e finiscono - al meglio - per essere una controfigura della normalità più misurata, e finiscono per entrare in una chiesa e scambiarla per una sala d'attesa del paradiso, e finiscono per annegare nella bile che producono i loro stessi fantasmi...
Meglio sarebbe imparare pazienza dalla saggezza, e l'io dal noi.. Meglio sarebbe imparare a camminare scalzi per conoscere la terra che si calpesta con i nostri piedi, anziché infilarsi le scarpe altrui e poi nemmeno camminare...
Meglio sarebbe ricominciare dalla natura: che insegna misura e passo compatibili con la realtà, che insegna dosi e tempi, che insegna pazienza e costanza, che insegna scienza e coscienza, che insegna arte e terra da zappare (due sorelle che si amano e si rispettano scambiandosi sorrisi di franca intesa); anziché vedere ragazzoni di quindici anni con muscoli da pugile, che scappano a razzo davanti ad un'innocua coccinella, ma che si sentono Rambo nel minacciare un'anziano che attenta alla loro libertà di spaccare il mondo, e che si sentono al di sopra di dio quando la loro forza maleducata li porta a vincere sul più debole.
Chi ha vera forza la usa per proteggere e non per distruggere!
Chi vive sempre nella sicurezza al di qua di una doppia linea bianca continua, non può poi immaginare cos'è la vita vera quando si lascia la sicurezza e si cammina con una linea discontinua che permette sorpassi e svolte a volontà: qui nasce l'uomo e la sua avventura sarà un percorso unico: non in una coda di una qualunque strada - fosse anche della triste e desolata strada della pazzia simulata, o peggio in quella della violenza come espressione del potere...
sabato, 6 luglio, 2013, 00:51
Si...mi sento anch'io un alieno in un mondo che fino a ieri era anche mio. Non lo voglio più questo mondo, non ne voglio nemmeno una fettina, anche se prometto di continuare a fornire la mia collaborazione. Sarò disponibile anche se vedrò sacerdoti giudicare a priori il prossimo, mentre maneggiano la gomma. Non sarò assolutamente toccata dai cattivi esempi, se questi appartengono al mondo che non è più mio.
In me alberga comunque una certezza: ci sono altri alieni come me e questa idea mi mette il sorriso sulla bocca la mattina!