sabato, 9 marzo, 2024, 07:30
Nel riconoscere di essere peccatori si è sempre sicuri di compiere un atto di onestà e di giustizia. L'umile confessione dei propri peccati è il presupposto perché la nostra preghiera possa trovare la misericordia di un Dio che si fa vicino a chi sceglie di non mentire sulla propria condizione.
La misura dei peccati altrui è uno sciocco espediente per fuggire dalla presenza dei propri errori, una falsa autocertificazione che ci allontana dalla parola di perdono di cui pensiamo di poter fare a meno.
Il peccatore pubblico non ha più un'immagine da difendere, una reputazione da conservare e non può che abbandonarsi a uno sguardo che sia differente da quello degli uomini.
L'occulto peccatore che la coscienza può distinguere con una certa precisione è prigioniero di un ruolo, di una parte che nasconde le intenzioni più profonde per potersi autoassolvere.
E nel momento in cui quest'ultimo abbandona la scena e decide di essere semplicemente il sé stesso che gli altri non conoscono tutto cambia improvvisamente e la verità lo riconsegna all'amore del Padre e alla solidarietà col fratello ritrovato.