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La bella Italia 
venerdì, 3 maggio, 2013, 09:30


La bella Italia usciva di casa con leggerezza, appendeva la chiave a una persiana e non si faceva mai mancare le primule sul balcone.
Cantava sotto la doccia o mentre scendeva dalle scale, giocava a pallone nelle piazze e la domenica metteva il vestito della festa.
La bella Italia con la radiolina a onde medie puntate sull'orecchio e una porzione di farinata dopo un film di seconda o terza visione.
L'acqua dolce delle fontane cittadine, il bicchiere di spuma scura, una busta che conteneva il latte della centrale o il bottiglione di barbera che se ne versavi una goccia sulla tovaglia eri costretto a cambiarla prontamente...
La bella Italia con i pantaloni all'inglese e i calzettoni lunghi, il grembiule e il calamaio nei primi anni e poi, la maglia blu e la bic che non finiva mai.
Le biciclette senza rapporti, il freno contropedale, le pannocchie a novembre, le ciliegie a giugno e gli acini d'uva a settembre...
La bella Italia che abbandonava il gabinetto sul balcone e si sentiva ricca perché poteva concedersi un gelato al posto di un ghiacciolo.
L'Italia che non buttava via il cibo, quella con una sola macchina per famiglia e le merende di pane, burro e zucchero.
L'Italia che vestiva i capi del fratello precedente e rammendava un calzino bucato, quella che non si doveva sprecare niente.
La bella Italia che pensava sempre a un futuro migliore del presente e sapeva accontentarsi di quello che aveva.
Non si può tornare indietro, forse non sarebbe neanche giusto, ma è tempo di andare avanti cercando di capire che non siamo noi quelli che hanno bisogno di qualcosa in più.
Non si può tornare indietro, ma non si può neanche essere così ciechi e sordi alle parole che la natura tenta di pronunciare ogni giorno in mezzo al traffico e al frastuono dei nostri giorni.
Non si può tornare indietro, ma non si può vivere senza la forza, il coraggio e la responsabilità di riprendere il controllo dei nostri sogni.
Quelli che ci rappresentano non possono cambiare se non saremo noi per primi a fare chiarezza, a decidere consapevomente quelli che sono i nostri reali bisogni.
La bella Italia è ancora dentro di noi: siamo noi che ci fermiamo ancora nei pressi di un tramonto e nella semplicità di una preghiera proviamo a immaginare nuovi orizzonti.
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L'età dei saggi... 
martedì, 23 aprile, 2013, 10:31


Non è che la vecchiaia mi faccia pensare sempre alla saggezza...
Qualcuno a 70 anni s'invaghisce di una badante carina e sperpera il proprio patrimonio nella convinzione di aver trovato l'amore della propria vita...
Qualcuno vive come un miserabile e fa il giro dei bidoni della spazzatura pur disponendo di un invidiabile conto in banca e, non trascuriamo la funzione delle buone vecchie mattonelle casalinghe...
Qualcuno vive in vacanza da una vita, nel dolce parlamento di una repubblica che ha sempre premiato senza mezze misure i propri onorevoli servitori. Le prime due categorie mi fanno solo arrabbiare, per la terza, potrei anche decidere di dimenticare l'uso della buona educazione.
Tutto questo rispetto per la gerontocrazia dei nostri partiti non riesco proprio a trovarlo e quella che qualcuno vende come saggezza, è solo la versione 2.0 della collaboratrice familiare che fa la cresta sulla lista della spesa.
Non ho nessuna voglia di battere le mani e non mi rallegro per l'elezione di un presidente della repubblica che in un paese normale potrebbe godersi la propria pensione.
Non capisco neanche chi pensa che Rodotà, o Prodi, o Marini sarebbero stati una risposta convincente per questa italietta sempre più minuscola e lontana da qualsiasi forma di saggezza.
E' troppo immaginare una donna presidente con un'età tra i 50 e i 65 anni? Probabilmente sì e quel che è peggio, per il vecchio stivale sarà troppo anche tra un secolo.
Va bene così, ma non chiedetemi di bere come un bicchiere d'acqua fresca la storiella della saggezza e di respirare la retorica dell'eroe dei tempi come aria salubre.
Va bene rispettare le istituzioni, ma quand'è che le istituzioni inizieranno a rispettare il popolo?
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La gente che non c'è... 
venerdì, 19 aprile, 2013, 17:02


Li vedo scorrere uno a uno come se fossero parte del mio popolo, ma non posso credere che questa gente sia della mia stessa razza.
Non hanno niente da spartire con il panettiere o con l'idraulico, non ricordano neanche vagamente il commercialista o l'avvocato e non assomigliano al poeta, al navigatore e nemmeno al netturbino.
I loro cognomi sono spesso identici a quelli delle persone che conosco, ma quanto sono lontani e differenti dalla gente che abitualmente incontro.
Spengo il televisore e cerco di pensare ad altro perché la nausea questa volta è troppa.
Questo esibirsi sempre e dovunque, questa incapacità di parlare e di trovare le parole per farsi capire, questo "urlare" di abbassare i toni...
Queste magliette da stadio, queste mortadelle in piazza, questo cercare la complicità di un popolo sempre più sprovveduto...
Questa totale assenza di rispetto per le istituzioni di cui fanno parte, questa incapacità di capire a che ora andarsene, questo mercato d'interessi personali raccontati per pubblici...
La gente che non c'è non è rappresentata da nessuno e gli avvoltoi mangiano indisturbati il cadavere della sua assenza.

Tutta questa fretta... 
sabato, 13 aprile, 2013, 10:28


Tutta questa fretta
questo risveglio ch'è già ansia
questo mattino senza oro in bocca
questo correre in bocca alla morte
senza preoccuparsi più di tanto
della vita che inutimente scorre.
Tutta questa fretta,
questo asfalto che divora la terra
questo satellite a riprendere un cielo
queste previsioni di un tempo pauroso
senza concedersi più di tanto
a quello spirito che troppo dorme.
Tutta questa fretta
questa sera che arriva senza saggezza
questo dormire tra pastiglie e anestetici
questo arricchirsi di cose senza senso
senza industriarsi più di tanto
per quel sogno tradito al suo nascere.
Tutta questa fretta
questo accendere candele e lumini
questa smania di lucidare le tombe
questo stato di vita apparente
senza inquietarsi più di tanto
per quel senso perduto tra le ombre.

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Vangelo minuscolo 
martedì, 9 aprile, 2013, 11:41


C'è sempre un uomo che scende da Gerusaleme a Gerico e non mancheranno mai i briganti. Ci sono il levita e il sacerdote ad attraversare la strada o a passare oltre, ma c'è e ci sarà ancora un uomo di Samaria a pronunciare l'eresia dell'amore?
C'è un Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli e c'è una parte di Chiesa che non osa dirlo, ma si scandalizza e prova indignazione quando il più grande sceglie di servire il più piccolo.
C'è un Vangelo minuscolo che continua a essere ignorato e tradito: un Vangelo in cui nessuno osa farsi chiamare Padre o Maestro, perché uno è il Padre e uno è il Signore e Maestro.
E' davvero tempo di fare delle scelte tra un libro confinato nel funo degli incensi e quel numero di pagini difficili che ancora fatichiamo a leggere e ancor più a vivere.
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