sabato, 5 gennaio, 2013, 08:28
Quando una lista mette nel proprio simbolo il volto e il nome del proprio candidato alla presidenza del consiglio, il livello di democrazia del paese in questione è ormai in pericolosa riserva.
Un nome e un volto affermano senza mezzi termini che le idee e i programmi sono meno importanti del proprio leader.
Un nome e un volto sono il mezzo ideale per colmare quel vuoto politico che non ti permette più di distinguere tra il venditore porta a porta del folletto e chi vorrebbe rappresentarti.
Quelli che urlano quotidianamente contro l'antipolitica considerano la politica un seggio, il proprio. Per confermare la propria presenza nell'allegra brigata dei senatori o nel club rampante dei deputati si è pronti a qualunque cosa; si salta da una formazione all'altra e si è pronti a trasmigrare sul vascello emergente quando la nave affonda.
I rispettivi leader sono pronti a raccontare che salveranno l'Italia, creeranno nuovi posti di lavoro, ridurranno le tasse, daranno colpi alla botte parlando di equità e al cerchio promettendo nuovi scudi.
Attendo pazientemente che i faccioni spariscano dalle liste e che i nomi diventino simboli capaci di evocare un contenuto o un valore.
Tutto questo personalismo è volgare, mediocre e per nulla rispettoso di tutte le persone che ogni mattina si alzano e, quando possono, vanno anche a lavoro.
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venerdì, 4 gennaio, 2013, 08:23
Ti racconto le fini del mondo; quelle annunciate con qualche anno d'anticipo e quelle che capitano improvvisamente. Alcune si possono intuire perché si esprimono con grandi boati, altre, sono silenziose come gas del tutto privi di odore.
Solo chi sopravvive può raccontare queste ripetute fini del mondo, ma non mancano gli indovini e i profeti di sventura che per esigenze di mestiere e necessità di pubblico, anticipano un certo numero di tragedie che, con ogni probabilità, non accadranno nè nel tempo, nè nella modalità suggerite dalle loro voci cavernose e dai loro volti corrugati.
La fine del mio mondo, almeno per quanto ne posso sapere io, potrà essere tra 10 minuti o tra 30 anni: non è poi così fondamentale avere una scritta sulla pelle con la propria data di scadenza.
Tra una fine del mondo e l'altra, dovremmo vivere con maggiore leggerezza e apprezzare meglio e di più il mistero dei nostri incalcolabili giorni.
Tra una fine del mondo e l'inizio di una nuova era dovremmo dare più voce al nostro affetto e imparare a relativizzare le proiezioni del nostro orgoglio. E di questo giorno che, potrebbe essere anche l'ultimo, sarebbe opportuno non smettere di respirare e sorridere mentre il tempo è ancora vivo e buono tra le mani.
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giovedì, 3 gennaio, 2013, 10:54
I 100 uomini più ricchi del mondo sono riusciti ad aumentare il loro capitale di non so quanti miliardi: complimenti!
Però, cari signori, prima o poi tornerà tutto nella scatola e quello che avete creduto vostro sarà dato in prestito a qualcun altro, anche la polvere del vostro corpo non farà eccezione.
Tutta la vostra ricchezza non è vostra come pensate e non sarebbe male ricordarlo, perché andarsene da questa terra senza aver provato reale empatia per i vostri simili, è davvero la peggiore tra le forme di povertà.
(Liberamente tratto da Zeitgeist)
giovedì, 3 gennaio, 2013, 08:20
C'è un Fabio che non è mai andato a scuola e un Fabio che non è mai nato.
C'è un Fabio buddista, un altro che costruiva le piramidi e uno che ha lasciato le penne durante la seconda guerra mondiale.
C'è un Fabio che non ha paura di volare e ha scelto di diventare pilota, mentre un altro con la benda all'occhio faceva il pirata in giro per i mari.
C'è un Fabio che veniva sfruttato e coltivava la terra per un padrone da cui non si è mai riscattato e un essere cinico che commerciava con gli ori e gli argenti di chi cadeva in disgrazia.
C'è un Fabio che spende la propria pensione in una slot machine e un altro che fa strani gesti per vendere o acquistare.
Gli innumerevoli altri io sono piccole particelle di una stessa umanità: posso credere che siano realmente separati dalla mia vita perché hanno un nome differente o abitano lontano da qui, ma se perdo la connessione con loro, la perdo anche con me stesso e se, alla fine del viaggio non avrò appreso che cosa sia la compassione, allora, sarò altro da quello che avrei dovuto e potuto essere.
mercoledì, 2 gennaio, 2013, 08:16
E' sempre un piacere ritornare alla vita di tutti i giorni e lasciarsi dietro questo sabato annuale del villaggio con le sue miccette ormai spente e la consapevolezza, che tutto è abbastanza uguale agli ieri dell'anno andato.
I sogni, quelli veri, appartengono alla quotidianità della vita, alle fatiche dei giorni comuni, ai tempi lunghi che devono prima o poi incorrere nella delusione e nello smarrimento per pesare il valore effettivo delle proprie motivazioni. Ci vuole determinazione, grinta, entusiasmo, ma anche la volontà di non voltarsi indietro per paura di perdere qualcosa o qualcuno lungo il proprio percorso.
Non esiste un sogno che non abbia un prezzo da pagare ed è bene considerare attentamente le proprie priorità prima di avventurarsi in quel terreno scosceso che mescola ragione, emozioni, sentimenti, calcoli e tutto il resto.
Il coraggio di sognare è un gioco incredibilmente impegnativo e comporta un buon numero di conseguenze: quando l'idea stessa di cambiamento fa paura, allora, è bene non sporgersi troppo dal finestrino e mantenere il sogno a distanza di sicurezza.
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