sabato, 7 settembre, 2013, 10:51
Quando sono gratitudine io sono il giardino...
Sono il filo d'erba e la goccia di rugiada di un mattino sul finire dell'estate.
Sono il vecchio pino e la sua voglia di puntare dritto verso il cielo per ospitare il nido delle ghiandaie e dei codirossi.
Sono il fiore del trifoglio che sa bene chi sia il sarto capace di vestirgli addosso tanta bellezza.
Sono la vecchia gatta che chiede ancora una coccola e ti rasserena quando viene sera.
Sono la mano che ascolta il canto della rosa e il piede che si sposta se vede una formica o una cavalletta.
Sono la coscienza che tutto unisce e nulla separa.
E se ti sembra folle quello che sto dicendo, allora, cerca un attimo di gratitudine e scoprirai che anche un mondo ferito come quello in cui vivi, può e deve essere letto con la consapevolezza di un cuore aperto...
Un attimo di gratitudine e il cuore può lasciare uscire il dolore e la sofferenza che ti ostini a trattenere inutilmente.
Un attimo di gratitudine e diventi la casa che hai sognato e per cui provi nostalgia.
Un attimo di gratitudine e puoi smettere di osservare il giardino, perché questa volta il giardino sei tu.
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martedì, 3 settembre, 2013, 11:07
Te li ricordi ancora
i penseri a cavallo delle nuvole
le immagini dentro e fuori di te
il cielo che chiama a raccolta
nel vento che muta ogni istante...
Te li ricordi ancora
tutti i futuri che scorrevano
i sogni del tutto ignari del limite
distesi sul prato che oggi è cemento
nel tempo che oggi più non c'è...
Te li ricordi ancora
le pecore che diventavano cani
un naso sfumato in montagna
come la giovinezza adesso vecchia
che dispensa un po' di nostalgie.
martedì, 3 settembre, 2013, 10:25
E' vietato attraversare i binari, ma sono un ferroviere e per me il divieto non vale.
E' vietato fumare in negozio, ma vendo tabacchi e fuori fa troppo freddo o troppo caldo.
E' vietato far uso del cellulare, ma ho il camice bianco e non ho tempo da perdere per andare dove lo si può fare.
Facciamo il gioco del silenzio, ma io sono la maestra e continuo a parlare.
I cittadini devono fare la differenziata, ma se l'iniziativa è comunale, la regola più non vale.
Giochiamo ad alto e basso, io sto in alto e resto a guardare, tu stai in basso e obbedisci senza fiatare.
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giovedì, 22 agosto, 2013, 18:50
Io non sono ansia anche se questo mondo mi mette a dura prova e ho bisogno di meditare sempre di più per difendermi...
Io non sono ansia; conosco bene quel morso allo stomaco e più volte al giorno devo allentare quella presa che produce inutile sofferenza, ma non confondo quel che sono con la carezza di un demone insoddisfatto.
Io non sono ansia e mangio un quadretto di cioccolato per sorridere o ascolto musica che rilassa le pareti del mio corpo per ritornare in equilibrio.
Io non sono ansia; frequento tante persone con delle punte temibili di angoscia e in più di un caso non se ne rendono neanche conto.
Non si fermano un solo istante, mangiano pessimo cibo senza dire un grazie, bevono zuccheri in continuazione e ignorano che in loro assenza diventano di pessimo umore.
Io non sono ansia e tiro fuori le unghie con chi esige la mia presenza come se fosse una prestazione che si può pretendere sulla base di un onorario o di un prezzo.
Io non sono ansia, perché non tutto può essere controllato e la vita risponde spesso con incognite che non si possono prevedere, incontri inaspettati e inopportuni e pagine dolorose per cui non esistono corsi di formazione.
Io non sono ansia e assumo la posizione del feto per ritrovare la quiete che solo una madre ti può dare.
Io non sono ansia e vorrei aiutarti, ma devo accettare che ci sono limiti precisi che non mi è dato superare.
Io non sono ansia e per poterti parlare, devo rientrare ogni giorno in me stesso, guardare con onestà alla vita come alla morte e accettare un fardello di sofferenza che appartiene a tutti quelli che chiamano le cose col loro nome.
Io non sono ansia e non so che farmene di un dio minore che si assume come quattro gocce di Lexotan.
Io non sono ansia e devo ripeterlo a me stesso per ricomporre un'immagine serena che non rinuncia a prendere quota e a tracciare il volo di una vita che abbia un senso.
lunedì, 19 agosto, 2013, 19:44
Non è vero che sono "tecnologico" e posso fare tutti gli sforzi del caso, ma non ritengo un gran complimento essere etichettato in questo modo.
Ho nostalgia del vinile, rimpiango la pellicola cinematografica che presto non produrrà più nessuno, mi mancano le cabine telefoniche e sono ancora affascinato da una meridiana.
Sono tecnologicamente superato e, se anche faccio uso di un certo numero di oggetti tecnologicamente avanzati, prima o poi finirò col lanciarli il più lontano possibile.
Ho sempre pensato che la tecnologia della comunicazione ci avrebbe arricchito di mezzi per veicolare più facilmente dei contenuti, ma sono sempre più consapevole che questi strumenti ci sottraggono da un qualsiasi rapporto che si possa definire umano.
Vado a cena con coetanei che non mollano mai il loro smartphone e non riescono ad ascoltare per un solo minuto quello che stai dicendo. Parlano con lunghe pause e un numero non indifferente di intercalari che gli permettano di seguire una discussione su facebook e di simulare interesse per i loro commensali.
Un viaggio in treno non si ferma su un solo paesaggio, gli occhi annegano sullo schermo di un tablet o si chiudono così come gli orecchi prigionieri di un'auricolare.
Intere discussioni sono l'eredità di un copia-incolla mentale che sa di tutto un po' senza un minimo di approfondimento personale.
Scarichiamo cento libri e non ne leggiamo nessuno, scattiamo migliaia di foto che non guarderemo mai e campioniamo musica che sarebbe insopportabile anche in areoporto.
Chiudiamo i campetti da calcio mentre l'idiozia televisiva racconta di moviole in campo e acquistiamo l'ultima maglietta della squadra di calcio per giocare interminabili sfide con la consolle dei videogiochi preferita.
Non sappiamo più trascorrere una serata con la semplicità di un gioco da tavolo e non sappiamo più scrivere una sola lettera che sia fatta di carta, inchiostro e affetto.
Mi sento abbruttito dai troppi mezzi di cui dispongo e dalla poca voglia d'incontrare realmente ogni singola persona.
Dopo aver riempito la mia casa di troppe cose inizio a sentire il bisogno di autoeducarmi a un uso più responsabile di mezzi che non hanno l'anima incorporata e che privi del mio spirito sono solo beni di consumo fini a sé stessi.
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