mercoledì, 11 febbraio, 2015, 16:37
Una sola parola, una di quelle che vengono da lontano e non hanno alcun timore nell'esprimere con chiarezza la propria necessità.
Una sola parola, una di quelle che non si arrendono e non accettano facilmente un qualunque rifiuto, neanche se è Dio stesso a parlare.
Una sola parola, una di quelle che viaggiano con convinzione e non demordono mai sino a quando non raggiungono la propria destinazione.
Una parola pronunciata in terra e consapevole di poter essere esaudita da quel cielo che non è mai indifferente.
Una parola, per quella parola, per quella fede che si sente già esaudita e può tornare a casa pienamente realizzata.
Una parola simile a quelle di Dio, una preghiera che mette da parte ogni etichetta e raggiunge Gesù con la semplicità e la chiarezza di chi sa bene quel che desidera e vuole.
Una parola, una di quelle che dobbiamo ancora imparare a pronunciare.
1 commento
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martedì, 10 febbraio, 2015, 16:36
Siamo così abili nell'attribuire a circostanze esterne quello che andrebbe cercato al nostro interno.
La colpa è di quello che ho mangiato o bevuto, del vento o della pioggia, del collega o del capo ufficio, di lei che non capisce o di lui che non si applica...
E' una questione di cuore, di mente, di anima, di coscienza e il paesaggio che possiamo ammirare fuori è la diretta conseguenza del piccolo teatro che si agita dentro di noi.
Abbiamo bisogno di un nemico per rendere ragione dell'ostilità che è in noi, di un rivale per rispondere al bisogno di competere, di un oggetto prezioso per innescare il desiderio di possesso che può condurre al furto.
Possiamo cambiare le regole del gioco, modificare il rito che stiamo celebrando, attendere il momento opportuno, ma se non c'è chiarezza al nostro interno, quel che uscirà da noi, non potrà certo essere limpido.
lunedì, 9 febbraio, 2015, 17:50
Sono così pulite le mani di chi scrive una norma, ma dimentica sapientemente il motivo per cui la regola stessa è stata scritta?
Sono davvero linde le mani che indicano una postilla e perdono di vista il significato complessivo di una legge?
Sono realmente candide le mani che puntano l'indice per giudicare e non sanno aprirsi per condividere?
L'ipocrisia che tanto facilmente individuiamo negli altri, spesso, passa inosservata quando è dentro di noi.
L'incontro con Gesù rivela le nostre maschere e ci mette di fronte all'opportunità di essere realmente noi stessi o di continuare a difenderci e ad accusare con parole alle quali neanche noi crediamo.
domenica, 8 febbraio, 2015, 07:02
Se un placebo può mutare lo stato di salute di un paziente convinto d'aver trovato la pillola giusta per abbandonare un mal di testa o un mal di pancia, per quale motivo risulta così strano credere che si possa guarire con l'aiuto della propria fede?
E' davvero solo un contatto magico quello che cercano le persone che desiderano sfiorare il mantello di Gesù?
La magia del contatto che Gesù riesce a stabilire con i suoi interlocutori va ben oltre: è ricordare la propria dignità a chi pensa di averla perduta, è restituire fiducia a chi ha trovato troppe porte chiuse, è sottolineare quel granello di fede che si portano dentro e può aiutarli a ritrovare la gioia di vivere, di essere presenti a sè stessi e all'amore di Dio.
E' la loro fede che può guarire il corpo e lo spirito da cui il corpo, inevitabilmente dipende.
E' quell'apertura ritrovata nel cielo e nella terra che lentamente, può condurre a guarigione.
venerdì, 6 febbraio, 2015, 16:22
Ogni tanto è bene prendere le distanze, restare in disparte per rigenerare tanto il fisico quanto lo spirito.
I discepoli di Gesù sono animati da buone intenzioni, si dedicano generosamente alla missione ricevuta, ma non hanno ancora nessuna esperienza e faticano a valutare sino a che punto è opportuno tirare la corda.
E' Gesù stesso a invitarli a riprendere fiato, a suggerirgli quell'attimo di quiete che è indispensabile per poter continuare a servire mantenendo l'equilibrio necessario per non lasciarsi travolgere dagli eventi.
Il tempo della preghiera, della meditazione e della contemplazione è prezioso per non smarrire le motivazioni che guidano il nostro agire.
Restare in disparte, ogni tanto, non è una scelta egoistica: se il discepolo continua a cercare di rispondere a tutte le richieste, spesso disordinate e un po' fuorvianti, prima o poi, scoprirà di non avere più nulla da dare, di essersi impoverito e svuotato. E quel che è peggio, non ricorderà neanche più perché si è ritrovato in quella condizione.
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