domenica, 11 agosto, 2013, 08:31
Noi siamo qui ed è perfettamente inutile sognare una montagna con i piedi a bagno nel mare.
Noi siamo qui con gli occhi che annegano sulla pagina di un libro e la testa che attende il segnale di un nuovo messaggio sul cellulare.
Noi siamo qui a cambiare un pannolino e a immaginare come sarà da grande questo bimbo che cresce così in fretta.
Noi siamo qui con un viaggio che parte e la strana idea che tra qualche giorno saremo di nuovo a casa.
Noi siamo qui bambini che si sognano adulti.
Noi siamo qui vecchi che si ricordano bambini.
Noi siamo qui con un'insalata di pomodoro nel piatto e il desiderio di una pastasciutta fumante.
Noi siamo qui e vorremmo sempre essere altrove.
Noi siamo qui e fuggiamo in continuazione pensando che la felicità sia in un altro posto.
Noi siamo qui, e se davvero siamo qui con lo spirito attento e il cuore libero, allora possiamo trovare la quiete che abita il giardino in cui stanno camminando i nostri passi, proprio adesso.
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venerdì, 9 agosto, 2013, 09:25
Ti sei sempre chiesto come sarebbe stata la tua vita da grande...
Pensavi che l'essere piccolo fosse un limite: tutti rispondevano che eri troppo piccolo per questo o non abbastanza grande per quello...
Il mondo degli adulti è una costellazione di piccole bugie e di grandi menzogne che hanno l'unico intento di mantenere vivo uno stupido copione in cui gli esseri umani devono dimostrare di essere più alti di quanto sono.
I giganti battono spesso la testa, hanno case che non sono mai adeguate alle loro esigenze e calpestano inconsapevolmente qualunque cosa sia più piccola di loro.
Allungano i tacchi per andare più in alto o crescono di statura indossando strani copricapo che dovrebbero conferire una dignità che è più grande di loro.
Tutta questa grandezza, tutto questo spreco che non ha nulla a che spartire con il mondo reale...
Puoi anche morire col coccodrillo più lungo e con la tomba a tre piani, puoi bussare alle porte del cielo e chiedere la suite più consona al tuo grado, puoi finalmente sentirti tra pari mentre chiacchieri con il nulla della divinità riflessa dal tuo specchio...
Meglio sarebbe capire la vera natura del problema; smetterla di sentirti troppo piccolo e di agitarti per diventare l'arroganza e la presunzione di chi si sente grande.
Meglio sarebbe essere quel che sei e rispedire al mittente quella parte che il tuo spirito non può sostenere senza pagare il prezzo di una vita prigioniera della propria finzione.
Perché il vero problema è che sei troppo grande e per riuscire ad andare altrove, per vedere la realtà di questo mondo e capirne il senso, è necessario scegliere l'infinitamente piccolo che sa contemplare il mistero del proprio respiro.
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giovedì, 8 agosto, 2013, 10:36
Ho chiamato e non hai risposto.
Hai alzato il ricevitore senza riuscire a camuffare quella voce che ha tradito il fastidio per la mia intrusione.
Ho chiamato inutilmente altrove e una seconda voce sbrigativa non ha nascosto la poca voglia di ascoltare la natura dei miei problemi.
Due no sono più che sufficienti per rinunciare a qualsiasi altro tentativo...
Busso alla porta del mio essere e chiedo silenzio: so bene che in quello stesso giorno, pur con tutte le mie ferite, ho comunque fatto spazio a chi aveva un problema più grande del mio.
Non ho sbagliato quando ho chiesto aiuto e, forse, non ha sbagliato neanche chi me lo ha rifiutato: è semplicemente andata così.
Perché è così che, spesso, va il mondo e non possiamo che imparare ad accettarlo per quello che è.
Per sognare cieli e terre differenti è necessario avere le mani sporche di fango.
Per sognare un'altra vita bisogna essere consapevoli del limite di quella presente.
Chiudo gli occhi e accetto di essere solo.
Chiudo gli occhi e provo a farmi compagnia.
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martedì, 30 luglio, 2013, 18:41
La mia rivoluzione è scrivere una seconda volta quello che il mio gatto ha appena cancellato con una zampata sulla tastiera e ricompensarlo con una carezza.
La mia rivoluzione è acquistare un pomodoro pagando un prezzo equo per chi lo ha coltivato rispettando la terra.
La mia rivoluzione è camminare il più possibile con le mie gambe sino a quando saranno nelle condizioni di reggere il mio peso.
La mia rivoluzione è evitare di rispondere allo strepito di chi urla una giustizia che seppellisce le altrui parole.
La mia rivoluzione è un cielo stellato in prima serata che non chiede alcun canone e non cattura il mio sguardo con l'interminabile serie di consigli per gli acquisti.
La mia rivoluzione è un fiore che ho lasciato sul prato, è nella gioia di non recidere inutilmente una vita quando posso imprimere nel cuore la semplicità di un colore.
La mia rivoluzione è parlare con me stesso, è sorridere delle mie piccole e grandi mediocrità, è piangere serenamente gli affetti che vivono in un altrove che non è poi così lontano da me.
La mia rivoluzione è aver scelto di stare lontano da una qualunque posizione di prestigio, è sapere che avrei potuto salire molti più gradini, è aver capito che la mia libertà e la mia verità sono beni che non si possono mercanteggiare per ottenere i saluti che contano e le frequentazioni che agevolano ogni scalata.
La mia rivoluzione è non aver perso il senso della lealtà, dell'amicizia e della fedeltà alla mia storia.
La mia rivoluzione è poter dire a Dio quello che sento senza provare il minimo senso di colpa.
La mia rivoluzione è trovare ripetutamente l'istante in cui abita l'eterno.
La mia rivoluzione è esserci, è lasciarmi coinvolgere da tutto senza lasciarmi travolgere da chi ha bisogno di mietere vittime per sentirsi vivo.
La mia rivoluzione è sapere quello che valgo, è sentirmi amato per quello che sono e, ancora, è alzarmi alla mattina con il desiderio di realizzare il prossimo sogno.
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martedì, 16 luglio, 2013, 17:35
Non è un urlo a rendere più ragionevole il nostro punto di vista: è più facile recitare la parte del giusto perseguitato che fermarsi, anche solo per un istante, per provare ad ascoltare quello che l'altro sta cercando di rispondere alle nostre accuse.
La parola diventa insulto, l'insulto un ceffone, un ceffone si chiude e diventa pugno e un pugno può trattenere un coltello o una pistola; quando tenti di ricostruire l'accaduto non riesci neanche a capire da dove possa provenire tutta quella violenza.
Saremo civili quando dal nostro arsenale usciranno pensieri limpidi e, quando le nostre armi esploderanno i colpi di un buon senso che, sempre meno, ci appartiene.
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