giovedì, 11 settembre, 2014, 17:55
La mano che si alza e la voce stentorea risponde prima ancora che l'insegnante abbia finito di porre il proprio quesito...
L'interesse per qualsiasi amenità sulla vita dei figli del professore e la stessa passione per il Golf o per il Carling...
La rinuncia al proprio diritto di usare una giustificazione a quadrimestre e la corsa disperata per portare sulla cattedra un caffè ancora bollente...
Un libro che cade magicamente e richiama l'attenzione del segugio che alza gli occhi dal registro o da un quotidiano e incontra il transito di un foglietto durante un compito in classe...
Non sono tutti così i primi della classe, ma ne ho conosciuti parecchi che guadagnavano posizioni con insulsi stratagemmi, avallati e promossi dal presunto educatore di turno.
Ne ho rivisto uno, proprio il mese scorso e ho capito che nulla è cambiato e lo stesso gioco può continuare anche all'uscita della scuola.
Ho tirato dritto dopo poche parole: che senso ha buttare via il fiato con chi vive perennemente in competizione e pur di vincere è disposto a barare?
Sarai anche stato il primo della classe, ma gli insegnanti che ti hanno costruito non avrebbero mai dovuto varcare l'ingresso di una qualunque scuola.
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mercoledì, 10 settembre, 2014, 09:20
Sono ancora io,
la penna dopo il calamaio
la maglia blu dopo il grembiule
lo stereo dopo il mangiadischi.
Sono ancora io,
il tubo dopo la zampa
la calvizie dopo i capelli
la quiete dopo il temporale.
Sono ancora io,
dai titoli di testa a quelli di coda
sono ogni singolo frammento
e l'illusione del movimento.
Ognuno ha il suo montaggio
taglia le scene poco gradevoli
cuce come meglio crede
l'effimero gioco del tempo.
Sono ancora io,
l'orecchino che dice esisto
la frangia che copre lo sguardo
la fatica di pensarmi adulto.
Sono ancora io,
passo felino e puro istinto
ragione tra le ragioni
cuore in perenne tormenta.
Sono ancora io,
dall'ouverture iniziale all'epilogo
sono la realtà di un istante
e l'attimo che tutto riassume.
Ognuno sceglie una destinazione
torna diverso dal proprio viaggio
mescola ricordi come carte
e torna a puntare un futuro.
Sono ancora io,
la stola sulle spalle
le bermuda e la maglietta
il cellulare dopo il gettone.
Sono ancora io,
il mare dopo la montagna
la pioggia dopo il sole
la mail dopo la cartolina.
Sono ancora io,
a chiedermi chi sono stato
a pensare a chi e se sarò
se mai acciufferò quel treno.
Ognuno attende alla propria stazione
legge paziente le proprie rughe
teme e desidera cambiare
anche se mai è stato uguale.
venerdì, 5 settembre, 2014, 09:52
Le palline di Fukuoka sono un piccolo mistero di argilla e di semi (biologici e autoprodotti) che si affidano alla natura e alla sua conoscenza, per dare vita a una pianta o a un fiore che il terreno stesso sceglierà come quelli più in sintonia con l'ambiente circostante.
Ho fatto un piccolo esperimento con una di queste palline che un amico mi ha regalato e il risultato, è il girasole ritratto nella fotografia.
Lui, ha trovato il suo posto nel mezzo del giardino e prima o poi, chi può dirlo, chiunque sta cercando una terra in cui vivere, potrà trovare l'ambiente più opportuno per crescere e seguire il proprio sole.
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martedì, 2 settembre, 2014, 18:29
Quasi adatti a questo mondo, con un piede dentro e l'altro fuori, con la testa un po' qui, ma anche altrove.
Quasi adatti alla scuola, ma così dipendenti dallo spirito di chi insegna e con poca voglia di studiare quello che non incontra il nostro interesse.
Quasi adatti al lavoro: se non fosse per quella scarsa propensione ad ascoltare ed esegure un ordine perentorio, potremmo diventare uomini di successo.
Quasi adatti ai rapporti interpersonali, penalizzati da quella brutta abitudine di esprimere sempre e comunque la propria idea, anche quando sarebbe opportuno accontentare, almeno a parole, chi desidera solo un cenno del capo.
Quasi adatti al comando, ma del tutto svogliati e poco interessati ai giochi di potere che appassionano una buona parte di questa umanità.
Quasi adatti a vivere una fede, ma del tutto incapaci di mettere a tacere la propria coscienza e di affidare al superiore di turno la responsabilità delle proprie azioni.
Siamo quasi adatti e per troppo tempo abbiamo concesso ai manipolatori di turno di rimettere in questione una vita che non ha mai smesso di cercare la propria trasparenza.
Siamo quasi adatti e non possiamo essere altrimenti; con buona pace di chi continua a coltivare attese poco realistiche nei nostri confronti.
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domenica, 31 agosto, 2014, 08:02
Scelgo una pagina bianca e faccio il tifo per chi non ha fretta di riempirla.
Parteggio per quanti accettano la sfida e fanno fatica, cercando parole che non siano già state confezionate da altri.
Non è semplice continuare a osservare un foglio che non trova un termine qualunque per scrivere il proprio amore, raccontare un affetto o condividere un'idea.
Non mi fido di chi copia e incolla o di chi cerca rifugio nei quattro salti in padella.
Puoi raccontare un albero senza aver trascorso un po' di tempo con lui?
Puoi scrivere di una nuvola prima di aver fantasticato in sua compagnia?
Puoi immaginare una pioggia che non ti abbia realmente bagnato?
Quando la pagina è colma del tuo inchiostro...
Quando hai accolto la domanda che abitava il tuo silenzio...
Quando un frammento di vita si è finalmente ricongiunto alle tue parole...
E' allora che ti chiedi: chi è quell'essere che prende a prestito le mie mani e muove l'orizzonte del pensiero?
Sorridi, aggiungi una sedia al tuo tavolo e finalmente, davvero hai condiviso.
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