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Precario 
martedì, 14 maggio, 2013, 09:44


La sicurezza non è di questo mondo e se stai cercando un equilibrio nelle ricchezze e nelle opportunità che i giorni dell'uomo possono offrire, quello che alla fine ti resterà tra le mani, sarà solo un pugno di mosche.
E' di una banalità sconvolgente, ma il modo in cui ci comportiamo abitualmente la dice lunga su quanto possa essere distante un pensiero dalla sua attuazione.
Qualcuno accumula soldi che potrebbero bastare per 10.000 vite dissolute e teme ancora che il denaro e le sue proprietà possano non essere sufficienti per una vita decorosa.
Altri accumulano case su case senza riuscire mai a trovare la casa dei propri sogni.
C'è chi consuma un certo numero di famiglie e attribuisce di volta in volta alle persone che ha scelto e desiderato, la responsabilità di non essere state all'altezza della situazione.
Per altri è una questione di età e di maturazione, ma gli anni passano senza lasciare quella saggezza e tranquillità che anche con i capelli bianchi e radi tarda a venire.
Se avessi quella promozione, se vincessi quel concorso, se il mio partito potesse governare, se ritornassero le mezze stagioni...
Posso voltarmi dove voglio e indossare qualunque abito, ma la sicurezza di questa vita è pura presunzione: un attimo prima di morire stavo ancora respirando, ricorderà qualcuno dei presenti.
Questa vita da sola, può anche essere bella, ma resta comunque un'incompiuta.
Siamo precari e dobbiamo accettarlo, transitori in questo spazio che consideriamo l'unico mondo e in questi giorni che immaginiamo come l'unico tempo.
Un Dio scacciapensieri non può bastare, una religione di tristi abitudini è solo un'altra parvenza di sicurezza.
La preghiera di un precario ha bisogno di onestà e interiorità per vedere al di là di ogni miraggio, quello che davvero è vita.
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Ieri 
venerdì, 10 maggio, 2013, 10:20


Ieri ch'è appena passato e più non torna
ieri ch'era meglio con qualche anno in meno
ieri che un problema se n'è già andato
ieri che neanche immaginavi proprio adesso.
Ieri come sarebbe andata se...
ieri non potevo sapere che...
ieri come farò ad andare avanti
ieri e quel brivido non c'è più.
Ieri non è mai onesto pensarlo oggi
ieri è solo un giorno il passato
ieri che non è giusto trattenere
ieri che chiede di lasciarlo andare.
Ieri e i conti che non tornano mai
ieri le fotografie che non ho più
ieri e ti avevo solo immaginato
ieri la stoltezza del desiderio.
Ieri la pagina di un quotidiano
ieri quei passi sulla luna spenta
ieri tre caravelle e due torri
ieri la terra trema sempre di più.
Ieri la storia va sempre avanti?
Ieri si ripete troppo spesso
ieri non ci ha insegnato niente
ieri la scelta di dimenticare.
Ieri ho fatto un nodo al fazzoletto
ieri ho deciso di scioglierlo
ieri non lo voglio pronunciare più
oggi è l'unico adesso di cui dispongo.

La bella Italia 
venerdì, 3 maggio, 2013, 09:30


La bella Italia usciva di casa con leggerezza, appendeva la chiave a una persiana e non si faceva mai mancare le primule sul balcone.
Cantava sotto la doccia o mentre scendeva dalle scale, giocava a pallone nelle piazze e la domenica metteva il vestito della festa.
La bella Italia con la radiolina a onde medie puntate sull'orecchio e una porzione di farinata dopo un film di seconda o terza visione.
L'acqua dolce delle fontane cittadine, il bicchiere di spuma scura, una busta che conteneva il latte della centrale o il bottiglione di barbera che se ne versavi una goccia sulla tovaglia eri costretto a cambiarla prontamente...
La bella Italia con i pantaloni all'inglese e i calzettoni lunghi, il grembiule e il calamaio nei primi anni e poi, la maglia blu e la bic che non finiva mai.
Le biciclette senza rapporti, il freno contropedale, le pannocchie a novembre, le ciliegie a giugno e gli acini d'uva a settembre...
La bella Italia che abbandonava il gabinetto sul balcone e si sentiva ricca perché poteva concedersi un gelato al posto di un ghiacciolo.
L'Italia che non buttava via il cibo, quella con una sola macchina per famiglia e le merende di pane, burro e zucchero.
L'Italia che vestiva i capi del fratello precedente e rammendava un calzino bucato, quella che non si doveva sprecare niente.
La bella Italia che pensava sempre a un futuro migliore del presente e sapeva accontentarsi di quello che aveva.
Non si può tornare indietro, forse non sarebbe neanche giusto, ma è tempo di andare avanti cercando di capire che non siamo noi quelli che hanno bisogno di qualcosa in più.
Non si può tornare indietro, ma non si può neanche essere così ciechi e sordi alle parole che la natura tenta di pronunciare ogni giorno in mezzo al traffico e al frastuono dei nostri giorni.
Non si può tornare indietro, ma non si può vivere senza la forza, il coraggio e la responsabilità di riprendere il controllo dei nostri sogni.
Quelli che ci rappresentano non possono cambiare se non saremo noi per primi a fare chiarezza, a decidere consapevomente quelli che sono i nostri reali bisogni.
La bella Italia è ancora dentro di noi: siamo noi che ci fermiamo ancora nei pressi di un tramonto e nella semplicità di una preghiera proviamo a immaginare nuovi orizzonti.
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L'età dei saggi... 
martedì, 23 aprile, 2013, 10:31


Non è che la vecchiaia mi faccia pensare sempre alla saggezza...
Qualcuno a 70 anni s'invaghisce di una badante carina e sperpera il proprio patrimonio nella convinzione di aver trovato l'amore della propria vita...
Qualcuno vive come un miserabile e fa il giro dei bidoni della spazzatura pur disponendo di un invidiabile conto in banca e, non trascuriamo la funzione delle buone vecchie mattonelle casalinghe...
Qualcuno vive in vacanza da una vita, nel dolce parlamento di una repubblica che ha sempre premiato senza mezze misure i propri onorevoli servitori. Le prime due categorie mi fanno solo arrabbiare, per la terza, potrei anche decidere di dimenticare l'uso della buona educazione.
Tutto questo rispetto per la gerontocrazia dei nostri partiti non riesco proprio a trovarlo e quella che qualcuno vende come saggezza, è solo la versione 2.0 della collaboratrice familiare che fa la cresta sulla lista della spesa.
Non ho nessuna voglia di battere le mani e non mi rallegro per l'elezione di un presidente della repubblica che in un paese normale potrebbe godersi la propria pensione.
Non capisco neanche chi pensa che Rodotà, o Prodi, o Marini sarebbero stati una risposta convincente per questa italietta sempre più minuscola e lontana da qualsiasi forma di saggezza.
E' troppo immaginare una donna presidente con un'età tra i 50 e i 65 anni? Probabilmente sì e quel che è peggio, per il vecchio stivale sarà troppo anche tra un secolo.
Va bene così, ma non chiedetemi di bere come un bicchiere d'acqua fresca la storiella della saggezza e di respirare la retorica dell'eroe dei tempi come aria salubre.
Va bene rispettare le istituzioni, ma quand'è che le istituzioni inizieranno a rispettare il popolo?
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La gente che non c'è... 
venerdì, 19 aprile, 2013, 17:02


Li vedo scorrere uno a uno come se fossero parte del mio popolo, ma non posso credere che questa gente sia della mia stessa razza.
Non hanno niente da spartire con il panettiere o con l'idraulico, non ricordano neanche vagamente il commercialista o l'avvocato e non assomigliano al poeta, al navigatore e nemmeno al netturbino.
I loro cognomi sono spesso identici a quelli delle persone che conosco, ma quanto sono lontani e differenti dalla gente che abitualmente incontro.
Spengo il televisore e cerco di pensare ad altro perché la nausea questa volta è troppa.
Questo esibirsi sempre e dovunque, questa incapacità di parlare e di trovare le parole per farsi capire, questo "urlare" di abbassare i toni...
Queste magliette da stadio, queste mortadelle in piazza, questo cercare la complicità di un popolo sempre più sprovveduto...
Questa totale assenza di rispetto per le istituzioni di cui fanno parte, questa incapacità di capire a che ora andarsene, questo mercato d'interessi personali raccontati per pubblici...
La gente che non c'è non è rappresentata da nessuno e gli avvoltoi mangiano indisturbati il cadavere della sua assenza.


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