mercoledì, 15 ottobre, 2014, 09:36
E' un sogno di tuo padre, un'aspettativa di tua madre, un desiderio di una vecchia maestra o l'aspirazione mai del tutto risolta di uno dei tanti altri che hanno accompagnato la tua crescita e formazione.
E' un sogno che si ripete sino ad assumere i colori di un incubo, una prigione della mente che muta la cravatta in un guinzaglio e ti trascina lungo uno stretto corridoio, un percorso obbligato.
Ti sei innamorato spontaneamente e hai davvero scelto quel titolo di studio?
Ti piace davvero quel quadro e stai leggendo un libro per cui provi un reale interesse?
La musica che ascolti produce una minima vibrazione interiore o è solo una canzone che ripete un ritornello rassicurante?
Stai mangiando una mela perché allontana il medico o perché ne apprezzi il gusto acidulo e zuccherino?
Di chi è quel sogno che si ripete e obbedisce a una formula precisa per risolvere l'equazione della vita?
L'incognita, quella dannata e attraente incognita che oltre le tue colonne d'Ercole avrebbe potuto scrivere tutto un altro viaggio, è un'opzione che si ripete ogni giorno, il canto di una sirena che solo vecchi e bambini possono ascoltare.
1 commento
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martedì, 14 ottobre, 2014, 08:17
Non amo parlare con chi sente il bisogno di twittare quel che ci siamo detti e detesto cordialmente chi scatta fotografie in un centro commerciale per depositare immagini nel giardino artificiale dei "mi piace".
Se intendi taggarmi, stai a distanza di sicurezza, perchè potrei anche morderti senza un'apparente ragione.
Tra un "copia e incolla" e l'altro, un celebre aforisma di Camus è diventato prima di Ungaretti e poi di Ciro Esposito, mentre una "bufala" sui nomadi è diventata stanziale tra le news di un blogger d'assalto che non ha nome e cognome.
Non riesco ad addentarmi le chiappe da solo e non parteciperò alle selezioni del prossimo talent che riproduce la vecchia "Corrida" come se fosse chissà quale novità.
Scusami se sono maleducato e sto spegnendo il telefonino mentre mi appresto a pranzare o prima di entrare al cinema.
Sarò anche tagliato fuori dalla lista dei preti locali, ma non intendo scaricare whatsapp per sentirmi tecnologico e al passo coi tempi.
Non ho più paura di restare fuori dal mucchio.
Non ho più tempo da perdere con chi simula la realtà e coltiva pomodori virtuali sullo schermo di un tablet.
Leggo un vecchio libro di carta e se ha pagine sbiadite, se appare logoro perché è consumato da troppe mani, tanto meglio.
lunedì, 13 ottobre, 2014, 09:31
Ogni tanto, il cospirazionista di turno, torna a segnalare il pericolo di un microchip sottocutaneo che i poteri forti vorrebbero inserire sotto la nostra pelle per poterci controllare...
Per quale motivo dovrebbero ricorrere a una stratagemma così stupido, quando la gente è già sufficientemente controllabile con un banalissimo smarthphone o con un orologio che siamo più che disponibili a pagare di tasca nostra?
Lettore d'impronte, situazione sanitaria, transazioni economiche, geolocalizzazioni: non c'è alcun bisogno d'imporre nulla, basta creare un oggettino gradevole e il gioco è fatto.
Il grande fratello sa già tutto quello che vuole sapere e almeno per il momento dorme sonni tranquilli con buona pace di David Icke e di tutti gli altri.
venerdì, 10 ottobre, 2014, 08:27
Chiedere non è tendere la mano, non è attendere che, improvvisamente, come per miracolo, qualcuno possa colmare uno dei tanti vuoti della mente o del cuore.
Chiedere è un viaggio interiore, un percorso che conduce l'uomo al centro del proprio sé, un desiderio di chiarezza e di luce per mettere ordine alla confusione che determina inutili azioni e reazioni.
Chiedere è sedersi con calma e prendere coscienza di ciò che realmente è essenziale al nostro benessere.
Chiedere è attendere che l'Ospite dell'anima prenda la parola per suggerire la direzione da prendere, l'orizzonte che merita i passi del nostro cammino.
E quando risulta chiaro un percorso, non è detto che si possa andare a colpo sicuro: abbiamo capito dove è opportuno cercare, ma la fatica e la difficoltà di raggiungere il nostro obiettivo è ancora tutta da esplorare.
Quando lo sguardo non coglie in tempi brevi l'oggetto della propria ricerca, allora è facile abbandonare e ripiegare sulla facile gratificazione di uno dei tanti desideri "usa e getta" che quotidianamente ci vengono suggeriti.
Può capitare, anzi capita spesso, che dopo aver trovato, risulti necessario bussare a una delle tante porte di questo mondo per poter chiudere il cerchio...
Bussare a una porta non significa sfondarla; l'impazienza di questo tempo rivendica spesso con le urla quel che andrebbe chiesto sussurrando.
Bussare a una porta, sedersi quieti sull'uscio e attendere una risposta: quando si è arrivati a destinazione e si è consapevoli di aver fatto tutto quello che dipendeva da noi, Qualcuno, forse con una certa lentezza, prima o poi risponderà.
giovedì, 9 ottobre, 2014, 08:30
Le porte si possono lasciare aperte in estate, ma è buona cosa chiuderle prima che arrivi l'inverno.
Qualcuno è arrivato e qualcuno è andato via; non posso pesare il mio passato con la bilancia del presente e non ha senso restare prigionieri di un'idea ormai incapace di dialogare coi propri giorni.
Le parole sanno trasformare in tragedie anche le cose più piccole del mondo reale, ma se provi a interrogarti sull'esatto contenuto dei termini e ti allontani da ortografia, grammatica e sintassi, a volte quel che resta è proprio niente.
Se le sbarre di una prigione sono ferro e acciaio, la reclusione è un obbligo, la pena devi scontarla sino in fondo...
Se l'ostacolo che si frappone tra sé stessi e la libertà è solo finzione letteraria, allora, basta prescriversi a matita un'ora d'aria e tutto si dissolve.
E' sempre così necessario capire?
Quando comprendere è inutile dispendio d'energie, è più salutare voltare pagina, concedersi un anacoluto o i punti di sospensione e procedere altrove.
Buongiorno vita!
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