venerdì, 17 maggio, 2013, 17:34
Se decido di essere felice, se la felicità diventa un obbligo e si perde in un'estenauante ricerca, la tristezza è dietro l'angolo.
Quando sei felice non stai neanche pensando o immaginando la felicità, non consideri un diritto o un dovere il tuo sorriso, ma fai esperienza di una condizione in cui il tempo e lo spazio sono sospesi e quel che rimane è un presente appagante.
Se la trappola del tempo ti ha catturato continuerai a scivolare in un ricordo o a temere che la libertà di cui godi stia già finendo.
Se l'illusione dello spazio troverà una breccia inizierà a sussurrarti che devi muoverti perché la tua felicità si trova altrove; ti muoverai e si muoverà anche lei e non potrai trovarla se non resti seduto ad aspettarla.
E' già dentro di te, è la sintesi perfetta di un istante libero dai suoi fratelli e di un solo punto che puoi dire partenza, arrivo e viaggio.
La felicità è terra, cielo e l'adesso che Dio continua a rinnovare in qualunque luogo ti trovi: smetti di agitarti e ritorna padrone del tuo sguardo.
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mercoledì, 15 maggio, 2013, 08:28
Ma cosa sono di preciso i buu a Balotelli?
Sono davvero cori con contenuti razzisti o devo pensare che ci sia differenza tra un buu fatto a un Italiano e un buu spernacchiato a un calciatore straniero?
Ho cercato informazioni in rete per riuscire a capire di cosa si tratta, ma non c'è un mezzo giornalista che spieghi nel dettaglio il problema.
L'impressione è che i buu a Balotelli siano rivolti a un giocatore maleducato che litiga in continuazione con arbitri, avversari e anche con i propri compagni.
Puoi pretendere rispetto quando abitualmente non rispetti nessuno?
Se un ragazzino venisse trattato da ragazzino, se le società calcistiche facessero rispettare un po' di più le regole e non avessero pesi e misure differenti nei confronti di presunti fenomeni, forse, penseremmo un po' di più a quanto accade in campo e meno agli spalti dove certamente, la buona educazione è un optional quasi mai richiesto.
L'ipocrisia Italiana versa ettolitri d'inchiostro per personaggi discutibili, ma accetta tranquillamente che il razzismo sia presente nella vita quotidiana: se ti chiami Balotelli esiste il razzismo, se qualcuno dice handicappato, frocio, negro o ebreo a una persona qualunque, un Italiano su due si mette ancora a ridere.
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martedì, 14 maggio, 2013, 09:44
La sicurezza non è di questo mondo e se stai cercando un equilibrio nelle ricchezze e nelle opportunità che i giorni dell'uomo possono offrire, quello che alla fine ti resterà tra le mani, sarà solo un pugno di mosche.
E' di una banalità sconvolgente, ma il modo in cui ci comportiamo abitualmente la dice lunga su quanto possa essere distante un pensiero dalla sua attuazione.
Qualcuno accumula soldi che potrebbero bastare per 10.000 vite dissolute e teme ancora che il denaro e le sue proprietà possano non essere sufficienti per una vita decorosa.
Altri accumulano case su case senza riuscire mai a trovare la casa dei propri sogni.
C'è chi consuma un certo numero di famiglie e attribuisce di volta in volta alle persone che ha scelto e desiderato, la responsabilità di non essere state all'altezza della situazione.
Per altri è una questione di età e di maturazione, ma gli anni passano senza lasciare quella saggezza e tranquillità che anche con i capelli bianchi e radi tarda a venire.
Se avessi quella promozione, se vincessi quel concorso, se il mio partito potesse governare, se ritornassero le mezze stagioni...
Posso voltarmi dove voglio e indossare qualunque abito, ma la sicurezza di questa vita è pura presunzione: un attimo prima di morire stavo ancora respirando, ricorderà qualcuno dei presenti.
Questa vita da sola, può anche essere bella, ma resta comunque un'incompiuta.
Siamo precari e dobbiamo accettarlo, transitori in questo spazio che consideriamo l'unico mondo e in questi giorni che immaginiamo come l'unico tempo.
Un Dio scacciapensieri non può bastare, una religione di tristi abitudini è solo un'altra parvenza di sicurezza.
La preghiera di un precario ha bisogno di onestà e interiorità per vedere al di là di ogni miraggio, quello che davvero è vita.
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venerdì, 10 maggio, 2013, 10:20
Ieri ch'è appena passato e più non torna
ieri ch'era meglio con qualche anno in meno
ieri che un problema se n'è già andato
ieri che neanche immaginavi proprio adesso.
Ieri come sarebbe andata se...
ieri non potevo sapere che...
ieri come farò ad andare avanti
ieri e quel brivido non c'è più.
Ieri non è mai onesto pensarlo oggi
ieri è solo un giorno il passato
ieri che non è giusto trattenere
ieri che chiede di lasciarlo andare.
Ieri e i conti che non tornano mai
ieri le fotografie che non ho più
ieri e ti avevo solo immaginato
ieri la stoltezza del desiderio.
Ieri la pagina di un quotidiano
ieri quei passi sulla luna spenta
ieri tre caravelle e due torri
ieri la terra trema sempre di più.
Ieri la storia va sempre avanti?
Ieri si ripete troppo spesso
ieri non ci ha insegnato niente
ieri la scelta di dimenticare.
Ieri ho fatto un nodo al fazzoletto
ieri ho deciso di scioglierlo
ieri non lo voglio pronunciare più
oggi è l'unico adesso di cui dispongo.
venerdì, 3 maggio, 2013, 09:30
La bella Italia usciva di casa con leggerezza, appendeva la chiave a una persiana e non si faceva mai mancare le primule sul balcone.
Cantava sotto la doccia o mentre scendeva dalle scale, giocava a pallone nelle piazze e la domenica metteva il vestito della festa.
La bella Italia con la radiolina a onde medie puntate sull'orecchio e una porzione di farinata dopo un film di seconda o terza visione.
L'acqua dolce delle fontane cittadine, il bicchiere di spuma scura, una busta che conteneva il latte della centrale o il bottiglione di barbera che se ne versavi una goccia sulla tovaglia eri costretto a cambiarla prontamente...
La bella Italia con i pantaloni all'inglese e i calzettoni lunghi, il grembiule e il calamaio nei primi anni e poi, la maglia blu e la bic che non finiva mai.
Le biciclette senza rapporti, il freno contropedale, le pannocchie a novembre, le ciliegie a giugno e gli acini d'uva a settembre...
La bella Italia che abbandonava il gabinetto sul balcone e si sentiva ricca perché poteva concedersi un gelato al posto di un ghiacciolo.
L'Italia che non buttava via il cibo, quella con una sola macchina per famiglia e le merende di pane, burro e zucchero.
L'Italia che vestiva i capi del fratello precedente e rammendava un calzino bucato, quella che non si doveva sprecare niente.
La bella Italia che pensava sempre a un futuro migliore del presente e sapeva accontentarsi di quello che aveva.
Non si può tornare indietro, forse non sarebbe neanche giusto, ma è tempo di andare avanti cercando di capire che non siamo noi quelli che hanno bisogno di qualcosa in più.
Non si può tornare indietro, ma non si può neanche essere così ciechi e sordi alle parole che la natura tenta di pronunciare ogni giorno in mezzo al traffico e al frastuono dei nostri giorni.
Non si può tornare indietro, ma non si può vivere senza la forza, il coraggio e la responsabilità di riprendere il controllo dei nostri sogni.
Quelli che ci rappresentano non possono cambiare se non saremo noi per primi a fare chiarezza, a decidere consapevomente quelli che sono i nostri reali bisogni.
La bella Italia è ancora dentro di noi: siamo noi che ci fermiamo ancora nei pressi di un tramonto e nella semplicità di una preghiera proviamo a immaginare nuovi orizzonti.
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