lunedì, 17 ottobre, 2011, 16:58
Se dovessi suggerire un film a una persona che di rado frequenta le sale cinematografiche, non avrei dubbi in proposito e per questo 2011 sceglierei l'ultimo capolavoro di Paolo Sorrentino.
"This must be the place" ha tutte le carte in regola per aggiudicarsi l'Oscar come miglior film straniero, è qualcosa di nuovo che attinge dalle grandi firme della regia anglosassone e, nello stesso tempo, resta un film Italiano.
E' un road-movie, ma il vero mezzo di trasporto è quell'uomo che cammina un po' curvo e goffo trascinando un trolley, con il viso prigioniero di un'adolescenza mai risolta.
Sean Penn è un gigante, una maschera bambina che tiene in ostaggio l'ipotesi di un adulto e nasconde se stesso, ora soffiando su un ciuffo di capelli, ora rifiutando di essere padre e di essere figlio.
La sceneggiatura è ricca di silenzi che hanno lo stesso valore delle parole che viaggiano ironiche e amare, ciniche e commoventi.
La colonna sonora di David Byrne (Talkin Heads) è coinvolgente e ricca di suggestioni che arrivano dritte dritte al cuore.
E dopo tanto viaggiare, finalmente un approdo: c'è la speranza di perdonare se stessi e di abbandonare i mostri della propria adolescenza e ogni paura di crescere.
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venerdì, 14 ottobre, 2011, 10:24
Io ti credo e non è un atto di volontà o la conseguenza di quello che ritengo ragionevole.
Io ti credo e con largo anticipo metto una firma sulla verità dei tuoi sogni: mi sento parte di quello che altri definiscono un miraggio e posso tranquillamente svanire ai loro occhi e riapparire dove qualcuno mi può ben vedere.
Io ti credo perché so bene che quanto sembra strano e improbabile, accade puntuale ogni giorno.
Io ti credo e non ho bisogno di prove scientifiche o di dotte dissertazioni per rendere complicato quel ch'è semplice.
Io ti credo e tu credi in me: è un miracolo che si rinnova ogni mattino e, quale disgrazia è non esserne coscienti e incapaci di dire grazie.
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mercoledì, 12 ottobre, 2011, 08:24
Vent'anni dopo, sono ancora io e, penso di aver resistito alla tentazione di apparire per quello che non sono.
Il primo pensiero è tutto per mia madre che ha cambiato casa, ma non smette di scrivermi brevi lettere da quel tempo che non conosce più premura, nè ansia.
Penso agli amici che restano, a quelli incontrati un po' alla volta, a quelli per cui sono stato un giro di giostra e, a quelli che viaggiano ancora nel mio stesso scompartimento.
Sono più sereno di quanto fossi allora, più sicuro di me stesso: ho preso le distanze dai consigli per gli acquisti, dalle ricette per l'anima e dai piazzisti con soluzioni magiche per il corpo e rimedi veloci per lo spirito.
Non ho chiamato Padre nessuno su questa terra e non ho intenzione di iniziare adesso: ho considerato attentamente Freud e mi sono tenuto ben distante dai buffoni che amano prendersi troppo sul serio e non si accorgono della presunzione con cui vorrebbero indossare i panni di Dio.
Ho imparato a dubitare degli uomini di scienza: so bene che uno inventa la cura e l'altro la malattia e che la velocità di un neutrino è un dogma che regge sino alla scoperta di un nuovo velocista.
Tratto con rispetto i "Guru" che non sanno di essere tali e non vendono quello che hanno ricevuto in dono.
Ci sono pagine del Vangelo che ormai mi appartengono, altre, che attendono ancora un po' di coraggio e decisione in più per diventare davvero mie.
Non ho frequentato i salotti importanti e continuo a provare una buona dose di noia per quanti scelgono d'identificarsi con un titolo, con una posizione sociale o con il loro conto in banca.
Credo nelle persone vere e sono presenti ovunque; possono agitare una borsetta e frequentare un viale, avere sulle spalle un passato di tossicodipendenza, essere persone straordinariamente comuni o aver raggiunto il cuore dei loro sogni. Non importa dove sono, cosa fanno, come sono riusciti a sopravvivere; quello che conta, è semplicemente l'autenticità del loro essere.
Vent'anni dopo, penso ancora di poter essere migliore e mi accorgo di assomigliare sempre più a quello che sognavo di diventare.
Vent'anni dopo, ho capito che non è mai il caso di odiare, ma ho appreso l'arte di difendermi da chi non conosce rispetto e pensa di poterti sopraffare con l'arroganza e la presunzione del proprio "potere".
Vent'anni dopo, non ho più bisogno che mi battano le mani e chiedo a me stesso quell'approvazione che un tempo mi aspettavo dagli altri.
Vent'anni dopo, amo di più questo mondo e parlo tranquillamente con gli animali e con le piante e, per quanto possa apparire folle, ottengo più di una risposta.
Vent'anni dopo amo gli arcobaleni e gli aquiloni e li aspetto senza paura mentre fuori scoppia un temporale o il cielo fischia di un vento che non rende più semplici le mie prove di volo.
Vent'anni dopo, ho ancora più di un sogno da realizzare: chiedo il sostegno dei miei tanti angeli custodi (ne abbiamo più di uno in cielo come in terra) e affronto l'ebbrezza delle vertigini del tempo che mi è dato.
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martedì, 11 ottobre, 2011, 09:03
Bellavita, talmente piccola e non la vedi,
non dai valore a quel che appare minuscolo
spruzzi merda chimica che uccide rapida
interrompi un volo di cui avresti bisogno
nel nome di un futuro sempre più idiota
che manda in scena impollinatori cinesi
e ingrassa di zucchero sottraendo miele
quell'alveare che conosce il senso del lavoro.
Bellavita, talmente piccola e non la senti,
non hai rispetto per quel che non si vede
per quel mondo segreto che respira ancora
non è un problema una farfalla che cade
una specie che sarà solo più fotografia
mentre divori gamberetti in salsa rosa
e chiedi notizie della barriera corallina
Bellavita tace e tu, zitto, acconsenti.
venerdì, 7 ottobre, 2011, 09:53
Per la foto di un gruppo o per la presenza su scherzi a parte...
Per una grossa vincita o per aver raggiunto uno dei tanti traguardi...
Per una barzelletta stupida o per la nascita di un figlio...
Per sorridere ci vuole sempre un motivo e qualcuno che sorrida con te e, forse, è per questo che non lo facciamo a sufficienza.
Si può sorridere senza una telecamera nelle vicinanze e si può sorridere anche quando si è soli.
Si può sorridere anche quando le circostanze non sono delle migliori, quando non c'è nessuna buona nuova, quando la salute è cagionevole.
Si può sorridere senza troppi se e ma, per il puro gusto di distendere i muscoli del viso e del ventre o perché, dopo tanta tristezza, ci si affaccia alla finestra della vita e si riesce a credere comunque all'esistenza di un senso.
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