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Le fate devianti 
lunedì, 19 settembre, 2011, 09:47


Le fate devianti non abitano nei boschi in compagnia di gnomi e folletti, ma appaiono con maggior frequenza grazie al satellite o al digitale terrestre.
Non sono sciocche come si può pensare e sanno bene che lavorare in un call center può essere stressante e, anche con una laurea a disposizione, oggi, non è così semplice trovare un qualunque lavoro.
Qualcuno ha insegnato loro che la vita può essere più facile, soprattutto se madre natura le ha dotate di un corredo cromosomico adeguato.
Qualcuno le ha iscritte a un concorso o le ha presentate a questo che conosce quello ed è parente di quell'altro.
Qualcuno le ha convinte che realizzare un sogno costa qualche sacrificio e che agitare una borsetta tra le piante può essere degradante, ma se sai scegliere la giusta muta di lenzuola per concederti a uno dei tanti "macho" prestati alla politica, tutto cambia.
Se scegli bene il prodotto, non ha alcuna importanza se latri anziché cantare, se reciti peggio del detersivo che reclamizzi, se non sai neanche leggere una classifica di un qualunque campionato, ma sai sorridere così come conviene.
L'antico mestiere si evolve e questo mondo continua a parlare la lingua dei maschietti che a ogni età necessitano di una o più "badanti" per sfuggire al logorio della vita moderna.
Tutto è comprensibile e ogni debolezza è sdoganata al punto che puoi anche fartene un vanto e trovare numerosi estimatori tra i poveri operai, che hanno comunque la licenza di sognare di fare i presidenti del consiglio a tempo perso.
Le fate devianti possono fare incetta di figurine di calciatori e trovare più di un articolo in prima pagina un po' ovunque: almeno sino a quando gli elfi troveranno gioco facile nel proporre la deviazione come una situazione del tutto lecita e decisamente normale.

Dov'è la vittoria... 
venerdì, 16 settembre, 2011, 11:04


Dov'è la vittoria quando anche chi vince urla di rabbia e non sa sorridere?
Dov'è la vittoria se diventa più importante la sconfitta dell'avversario del proprio trionfo?
Dov'è la vittoria se a impugnarla sono sempre gli arroganti e i violenti?
Dov'è la vittoria se un gioco smette di essere tale e assume dimensioni che escono dai confini del buon gusto e del rispetto degli altri?
Dov'è la vittoria se chi canta sceglie l'insulto e non sa nemmeno più esultare?
Non so proprio da quale parte si trovi la vittoria, ma non è così difficile distinguere gli sconfitti: può sembrare assurdo, ma se ne trovano parecchi anche tra i primi.
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Siamo insieme 
giovedì, 15 settembre, 2011, 11:29


Siamo insieme, siamo sempre stati uniti e così accadrà nel tempo che, ancora verrà.
Siamo insieme e non siamo mai stati separati, perché la divisione è una bugia che osserva col limite dello sguardo e tocca con la fragilità di una mano.
Siamo insieme e il multiverso olografico è un gioco che si apprende per gradi, abbandonando la volontà di giudicare e di definire ogni cosa, per lasciare al mistero il compito di continuare a raccontare.
Nell'occhio c'è la mano e nel piede c'è il suolo che hai calpestato: le forme sono del tutto provvisorie e mutano come parole ripetute infinite volte sino a perdere il loro significato, per ritrovarsi spoglie, nell'armonia di un suono intimamente connesso al mondo intero.

Tre silenzi 
mercoledì, 14 settembre, 2011, 11:15


Non fa più rumore il silenzio delle parole che non ho detto: ho pensato per tre decenni che ne avrei coltivato in eterno il rimpianto; poi, in un giorno qualunque, ho capito quanto sia stato un bene tacerle.
Scorre il silenzio della musica che ho ascoltato, quella che ha scelto di restare e che i miei orecchi non hanno consumato mentre colmavo il tempo delle parole non pronunciate.
Apro il calendario dei silenzi che verranno e rinuncio alla vanità di dire quel "per sempre" che le parole dette o taciute finiscono sempre per tradire.
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Il piatto che non piange 
martedì, 13 settembre, 2011, 09:45


Se solo immaginassi quanta abbondanza è in te, allora, abbandoneresti la logica del piagnisteo di chi pensa che nulla sia mai sufficiente.
La miseria delle parole, degli atteggiamenti e dei lamenti, a forza di ripetere se stessa diventa reale e la vita di chi racconta il proprio piatto che piange è, inevitabilmente, povera e vuota.
C'è chi non trova relazioni significative e osserva le persone che transitano nella propria vita, come se fossero limiti e impedimenti, là dove uno sguardo differente scorgerebbe risorse e opportunità.
C'è chi dispone del necessario, del superfluo e di qualcosa in più, ma assume lo sguardo torvo e inquieto di chi teme di non poter arrivare a fine mese.
C'è chi vive un giorno di salute nel timore che una malattia qualunque bussi alla sua porta e, di fatto, la malattia è già entrata in casa sua.
La ricchezza del denaro, della salute e delle persone accanto, prima di essere determinata dalle circostanze materiali appartiene alla situazione in cui versa il nostro spirito: se non prendi coscienza di quel che sei, un po' alla volta diventi quel che hai e quel che possiedi, sarà sempre meno di quel che desideri.

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