lunedì, 20 ottobre, 2014, 16:29
Si esulta sino a morire...
In una domenica qualunque, giocando con un pallone, segnando la rete del pareggio, si esulta e si muore.
In un paese come l'India, ma poteva capitare ovunque...
Anni ventuno e una giravolta nel cielo per imitare il vecchio campione tedesco: è tanto strano che da un lato qualcuno cerchi di essere originale e dall'altro si conceda all'imitazione.
Un violino a bordo campo, una danza nei pressi della bandierina, un mitra spianato, un cuore tra le dita o le mani alzate del tempo che fu.
E' bello e giusto esultare, ma distendere le mani verso il cielo è più che sufficiente e non sei certo più bravo perché esegui un salto mortale.
Qualcuno sorride perché riesce a trovare divertente la scena di un ragazzo che muore per una sciocca capriola eseguita male.
Il grande spettacolo è ormai parola più che azione e non saprei dire se davvero è ancora sport quel mare di creste che corrono con scarpette di due colori e infiammano il circo, di chi ha bisogno di un nemico e non di un avversario, per sentirsi vivo.
La moviola in campo ci avrebbe permesso di rivedere la morte di un ragazzo e magari di condividerla su facebook.
La moviola nel mondo del pensiero, forse, ci aiuterebbe a ridimensionare lo spettacolo e a mettere a nudo la pochezza delle sue presunte esigenze.
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mercoledì, 15 ottobre, 2014, 09:36
E' un sogno di tuo padre, un'aspettativa di tua madre, un desiderio di una vecchia maestra o l'aspirazione mai del tutto risolta di uno dei tanti altri che hanno accompagnato la tua crescita e formazione.
E' un sogno che si ripete sino ad assumere i colori di un incubo, una prigione della mente che muta la cravatta in un guinzaglio e ti trascina lungo uno stretto corridoio, un percorso obbligato.
Ti sei innamorato spontaneamente e hai davvero scelto quel titolo di studio?
Ti piace davvero quel quadro e stai leggendo un libro per cui provi un reale interesse?
La musica che ascolti produce una minima vibrazione interiore o è solo una canzone che ripete un ritornello rassicurante?
Stai mangiando una mela perché allontana il medico o perché ne apprezzi il gusto acidulo e zuccherino?
Di chi è quel sogno che si ripete e obbedisce a una formula precisa per risolvere l'equazione della vita?
L'incognita, quella dannata e attraente incognita che oltre le tue colonne d'Ercole avrebbe potuto scrivere tutto un altro viaggio, è un'opzione che si ripete ogni giorno, il canto di una sirena che solo vecchi e bambini possono ascoltare.
1 commento
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martedì, 14 ottobre, 2014, 08:17
Non amo parlare con chi sente il bisogno di twittare quel che ci siamo detti e detesto cordialmente chi scatta fotografie in un centro commerciale per depositare immagini nel giardino artificiale dei "mi piace".
Se intendi taggarmi, stai a distanza di sicurezza, perchè potrei anche morderti senza un'apparente ragione.
Tra un "copia e incolla" e l'altro, un celebre aforisma di Camus è diventato prima di Ungaretti e poi di Ciro Esposito, mentre una "bufala" sui nomadi è diventata stanziale tra le news di un blogger d'assalto che non ha nome e cognome.
Non riesco ad addentarmi le chiappe da solo e non parteciperò alle selezioni del prossimo talent che riproduce la vecchia "Corrida" come se fosse chissà quale novità.
Scusami se sono maleducato e sto spegnendo il telefonino mentre mi appresto a pranzare o prima di entrare al cinema.
Sarò anche tagliato fuori dalla lista dei preti locali, ma non intendo scaricare whatsapp per sentirmi tecnologico e al passo coi tempi.
Non ho più paura di restare fuori dal mucchio.
Non ho più tempo da perdere con chi simula la realtà e coltiva pomodori virtuali sullo schermo di un tablet.
Leggo un vecchio libro di carta e se ha pagine sbiadite, se appare logoro perché è consumato da troppe mani, tanto meglio.
lunedì, 13 ottobre, 2014, 09:31
Ogni tanto, il cospirazionista di turno, torna a segnalare il pericolo di un microchip sottocutaneo che i poteri forti vorrebbero inserire sotto la nostra pelle per poterci controllare...
Per quale motivo dovrebbero ricorrere a una stratagemma così stupido, quando la gente è già sufficientemente controllabile con un banalissimo smarthphone o con un orologio che siamo più che disponibili a pagare di tasca nostra?
Lettore d'impronte, situazione sanitaria, transazioni economiche, geolocalizzazioni: non c'è alcun bisogno d'imporre nulla, basta creare un oggettino gradevole e il gioco è fatto.
Il grande fratello sa già tutto quello che vuole sapere e almeno per il momento dorme sonni tranquilli con buona pace di David Icke e di tutti gli altri.
venerdì, 10 ottobre, 2014, 08:27
Chiedere non è tendere la mano, non è attendere che, improvvisamente, come per miracolo, qualcuno possa colmare uno dei tanti vuoti della mente o del cuore.
Chiedere è un viaggio interiore, un percorso che conduce l'uomo al centro del proprio sé, un desiderio di chiarezza e di luce per mettere ordine alla confusione che determina inutili azioni e reazioni.
Chiedere è sedersi con calma e prendere coscienza di ciò che realmente è essenziale al nostro benessere.
Chiedere è attendere che l'Ospite dell'anima prenda la parola per suggerire la direzione da prendere, l'orizzonte che merita i passi del nostro cammino.
E quando risulta chiaro un percorso, non è detto che si possa andare a colpo sicuro: abbiamo capito dove è opportuno cercare, ma la fatica e la difficoltà di raggiungere il nostro obiettivo è ancora tutta da esplorare.
Quando lo sguardo non coglie in tempi brevi l'oggetto della propria ricerca, allora è facile abbandonare e ripiegare sulla facile gratificazione di uno dei tanti desideri "usa e getta" che quotidianamente ci vengono suggeriti.
Può capitare, anzi capita spesso, che dopo aver trovato, risulti necessario bussare a una delle tante porte di questo mondo per poter chiudere il cerchio...
Bussare a una porta non significa sfondarla; l'impazienza di questo tempo rivendica spesso con le urla quel che andrebbe chiesto sussurrando.
Bussare a una porta, sedersi quieti sull'uscio e attendere una risposta: quando si è arrivati a destinazione e si è consapevoli di aver fatto tutto quello che dipendeva da noi, Qualcuno, forse con una certa lentezza, prima o poi risponderà.
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