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L'oro di un silenzio 
venerdì, 22 marzo, 2013, 09:39


Il tuo respiro può bastare
perché voler dire di più?
Le nostre troppe parole
parlano continuamente di Dio,
ma sanno davvero pregare?
L'oro di un silenzio all'alba
l'oro di un silenzio al tramonto...
e in mezzo tutto il tempo di ascoltare.
La tua voce è superflua
perché devi sempre gridare?
Le nostre assurde richieste
implorano senza tregua il Cielo,
ma sanno ancora contemplare?
L'oro di un silenzio al mattino
l'oro di un silenzio a sera...
e in mezzo ancora vuoto da colmare.
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"Quasi alla fine del mondo... " 
giovedì, 14 marzo, 2013, 09:33


Quasi alla fine del mondo
il sud che non ti aspetti
l'America che non consideri
quasi alla fine del giorno.
Quasi alla fine del mondo
c'è un nome che sa di nuovo
un futuro che sa d'antico
quasi alla fine del tempo.
Quasi alla fine del mondo
l'abito bianco essenziale
la voce calda e melodiosa
quasi all'inizio di un mondo.
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Di poche parole... 
martedì, 12 marzo, 2013, 10:21


Per quanto possa risultare paradossale, anche la preghiera può correre il rischio di esaurire la propria motivazione nella ricerca di un'immagine che trovi il consenso degli altri, spesso, dimenticando quello che dovrebbe essere il protagonista della propria ricerca.
La distanza da chi osserva e può interpretare e giudicare i nostri atteggiamenti è bene che sia anche fisica: a volte, per quanto uno desideri restare solo con Dio, lo sguardo degli altri finisce col farsi spazio sino a deviare il corso dei nostri pensieri.
Oltre a difendere la nostra preghiera dagli intrusi di ogni genere, è bene ricordare che per tutelare il nostro rapporto con Dio, dobbiamo tenere a bada anche noi stessi.
Pronunciare parole può essere appagante, ripeterle senza fare quasi caso a quel che si dice è un modo per riempire il tempo dall'imbarazzo del silenzio.
Non è necessario moltiplicare le parole per prolungare la propria preghiera. Al contrario, più ci avviciniamo all'autenticità della preghiera e più scopriamo quel tappeto di silenzio in cui è bello tacere per lasciare spazio alle parole che Dio pronuncia.

Dal Vangelo di Luca

«Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate.

So restare in silenzio anche a lungo?
Ho bisogno di riempire qualsiasi silenzio con le mie parole?
E' dialogo o monologo il mio rapporto con Dio?
Che cosa disturba maggiormente i miei momenti di preghiera?

Padre,
metti a tacere le mie troppe parole
e donami di godere di quel silenzio
in cui è dolce e profondo essere insieme.
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Quale fede... 
venerdì, 8 marzo, 2013, 08:27


Dal Vangelo di Luca

Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».


Per quale motivo ti definisci credente se non conosci neanche la più piccola parte dei contenuti in cui dici di credere?
E' sufficiente un certificato di battesimo o di cresima per attestare la propria fede?
Un matrimonio celebrato in chiesa o la partecipazione a un funerale sono segni che definiscono in modo automatico il proprio credo in Dio e nella Chiesa?
E' davvero sempre lecito pretendere che la Chiesa risponda alle proprie aspettative, quando si ignorano del tutto le finalità e il cammino di una comunità cristiana?
Una fede di questo genere non serve a niente e a nessuno: è una giostra che ripete stancamente parole lontane dalla vita e gesti che si svuotano di ogni significato.
1 commento ( 1244 visite )

Tutto in regola... 
mercoledì, 6 marzo, 2013, 10:43


E' tutto a posto, sono in perfetta regola.
Ho rispettato le regole del gioco, ho letto con attenzione le istruzioni per l'uso; però la vita continua a non funzionare adeguatamente, e non mi permette di essere felice come vorrei.
Continuo a cercare quel di più che nessuna legge o comandamento mi potrà mai dare.
Busso alle porte del diritto e rispondo correttamente a quelle del dovere.
Ripeto le mie domande con la speranza che le risposte continuino a essere quelle che mi hanno rassicurato sin dai tempi del catechismo.

Dal Vangelo di Luca

Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». Costui disse: «Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco.

Quando sento parlare di ricchezza mi sento e mi identifico immediatamente con chi è povero.
Sono proprio sicuro di non dovermi sbarazzare di qualcosa per poter essere più leggero e determinato nel mio percorso spirituale?
L'osservanza delle norme e delle leggi se non è sostenuta da un cuore attento e generoso conduce all'aridità e alla tristezza.
Dove si trova quel "di più" che va oltre la regola e rinuncia a calcolare la misura del dono?
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