lunedì, 25 marzo, 2013, 09:19
Non sei ancora stanco dei tuoi troppi calcoli?
Degli infiniti conti che non tornano mai...
Un dono d'ali è leggero e non può pesare
si muove con grazia e galleggia in cielo
scivola sul mare e plana sulle acque chiare
e quanta terra puoi vedere oltre quel velo.
Non sei davvero sazio dei tuoi numeri malati?
Dei ripetuti errori che ti portano altrove...
Un profumo delicato lo puoi ricordare
il vento lo trasporta come un messaggio
c'è tempo, tanto tempo per respirare
e quanta vita puoi sognare oltre un miraggio.
Metti a tacere quel giudizio
cerca soltanto di capire...
e se alla fine non comprendi
apri la mano e lascia andare.
Non sei ancora stanco dei tuoi folli numeri?
Degli infiniti sogni che hai smesso di sognare.
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venerdì, 22 marzo, 2013, 09:39
Il tuo respiro può bastare
perché voler dire di più?
Le nostre troppe parole
parlano continuamente di Dio,
ma sanno davvero pregare?
L'oro di un silenzio all'alba
l'oro di un silenzio al tramonto...
e in mezzo tutto il tempo di ascoltare.
La tua voce è superflua
perché devi sempre gridare?
Le nostre assurde richieste
implorano senza tregua il Cielo,
ma sanno ancora contemplare?
L'oro di un silenzio al mattino
l'oro di un silenzio a sera...
e in mezzo ancora vuoto da colmare.
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giovedì, 14 marzo, 2013, 09:33
Quasi alla fine del mondo
il sud che non ti aspetti
l'America che non consideri
quasi alla fine del giorno.
Quasi alla fine del mondo
c'è un nome che sa di nuovo
un futuro che sa d'antico
quasi alla fine del tempo.
Quasi alla fine del mondo
l'abito bianco essenziale
la voce calda e melodiosa
quasi all'inizio di un mondo.
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martedì, 12 marzo, 2013, 10:21
Per quanto possa risultare paradossale, anche la preghiera può correre il rischio di esaurire la propria motivazione nella ricerca di un'immagine che trovi il consenso degli altri, spesso, dimenticando quello che dovrebbe essere il protagonista della propria ricerca.
La distanza da chi osserva e può interpretare e giudicare i nostri atteggiamenti è bene che sia anche fisica: a volte, per quanto uno desideri restare solo con Dio, lo sguardo degli altri finisce col farsi spazio sino a deviare il corso dei nostri pensieri.
Oltre a difendere la nostra preghiera dagli intrusi di ogni genere, è bene ricordare che per tutelare il nostro rapporto con Dio, dobbiamo tenere a bada anche noi stessi.
Pronunciare parole può essere appagante, ripeterle senza fare quasi caso a quel che si dice è un modo per riempire il tempo dall'imbarazzo del silenzio.
Non è necessario moltiplicare le parole per prolungare la propria preghiera. Al contrario, più ci avviciniamo all'autenticità della preghiera e più scopriamo quel tappeto di silenzio in cui è bello tacere per lasciare spazio alle parole che Dio pronuncia.
Dal Vangelo di Luca
«Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.
Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate.
So restare in silenzio anche a lungo?
Ho bisogno di riempire qualsiasi silenzio con le mie parole?
E' dialogo o monologo il mio rapporto con Dio?
Che cosa disturba maggiormente i miei momenti di preghiera?
Padre,
metti a tacere le mie troppe parole
e donami di godere di quel silenzio
in cui è dolce e profondo essere insieme.
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venerdì, 8 marzo, 2013, 08:27
Dal Vangelo di Luca
Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Per quale motivo ti definisci credente se non conosci neanche la più piccola parte dei contenuti in cui dici di credere?
E' sufficiente un certificato di battesimo o di cresima per attestare la propria fede?
Un matrimonio celebrato in chiesa o la partecipazione a un funerale sono segni che definiscono in modo automatico il proprio credo in Dio e nella Chiesa?
E' davvero sempre lecito pretendere che la Chiesa risponda alle proprie aspettative, quando si ignorano del tutto le finalità e il cammino di una comunità cristiana?
Una fede di questo genere non serve a niente e a nessuno: è una giostra che ripete stancamente parole lontane dalla vita e gesti che si svuotano di ogni significato.
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