martedì, 30 luglio, 2013, 18:41
La mia rivoluzione è scrivere una seconda volta quello che il mio gatto ha appena cancellato con una zampata sulla tastiera e ricompensarlo con una carezza.
La mia rivoluzione è acquistare un pomodoro pagando un prezzo equo per chi lo ha coltivato rispettando la terra.
La mia rivoluzione è camminare il più possibile con le mie gambe sino a quando saranno nelle condizioni di reggere il mio peso.
La mia rivoluzione è evitare di rispondere allo strepito di chi urla una giustizia che seppellisce le altrui parole.
La mia rivoluzione è un cielo stellato in prima serata che non chiede alcun canone e non cattura il mio sguardo con l'interminabile serie di consigli per gli acquisti.
La mia rivoluzione è un fiore che ho lasciato sul prato, è nella gioia di non recidere inutilmente una vita quando posso imprimere nel cuore la semplicità di un colore.
La mia rivoluzione è parlare con me stesso, è sorridere delle mie piccole e grandi mediocrità, è piangere serenamente gli affetti che vivono in un altrove che non è poi così lontano da me.
La mia rivoluzione è aver scelto di stare lontano da una qualunque posizione di prestigio, è sapere che avrei potuto salire molti più gradini, è aver capito che la mia libertà e la mia verità sono beni che non si possono mercanteggiare per ottenere i saluti che contano e le frequentazioni che agevolano ogni scalata.
La mia rivoluzione è non aver perso il senso della lealtà, dell'amicizia e della fedeltà alla mia storia.
La mia rivoluzione è poter dire a Dio quello che sento senza provare il minimo senso di colpa.
La mia rivoluzione è trovare ripetutamente l'istante in cui abita l'eterno.
La mia rivoluzione è esserci, è lasciarmi coinvolgere da tutto senza lasciarmi travolgere da chi ha bisogno di mietere vittime per sentirsi vivo.
La mia rivoluzione è sapere quello che valgo, è sentirmi amato per quello che sono e, ancora, è alzarmi alla mattina con il desiderio di realizzare il prossimo sogno.
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martedì, 16 luglio, 2013, 17:35
Non è un urlo a rendere più ragionevole il nostro punto di vista: è più facile recitare la parte del giusto perseguitato che fermarsi, anche solo per un istante, per provare ad ascoltare quello che l'altro sta cercando di rispondere alle nostre accuse.
La parola diventa insulto, l'insulto un ceffone, un ceffone si chiude e diventa pugno e un pugno può trattenere un coltello o una pistola; quando tenti di ricostruire l'accaduto non riesci neanche a capire da dove possa provenire tutta quella violenza.
Saremo civili quando dal nostro arsenale usciranno pensieri limpidi e, quando le nostre armi esploderanno i colpi di un buon senso che, sempre meno, ci appartiene.
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venerdì, 12 luglio, 2013, 08:08
Troppo facile quell'entusiasmo che non costa mai nulla...
Troppo facile essere l'eroe che rincasa alle 5 del mattino per dormire sino all'una del pomeriggio.
Troppo facile sentirsi un grande chitarrista quando sono i tuoi amici a batterti le mani.
Troppo facile la protesta che prende voce solo quando è conveniente.
Troppo facile la grande emozione "usa e getta" che dichiara amore eterno a tre persone diverse alla settimana.
Troppo facile quella modernità che risiede in un piercing e in quattro tatuaggi, ma non abita un solo pensiero.
Troppo facile far vedere il dito medio circondati dalle proprie guardie del corpo.
Troppo facile la mistica del bicchiere di troppo e la filosofia della chetamina.
Troppo facile togliersi la giacca in parlamento e fare politica rifiutando qualunque intesa.
Troppo facile voler dettare le regole di una casa restando tranquillamente sull'uscio.
Troppo facile sognare un mondo diverso senza cambiare di una virgola il proprio modo di essere e di agire.
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martedì, 9 luglio, 2013, 08:25
Chi arriva dai confini del mondo riesce a trovarli facilmente anche nella piccola Italia e con un po' di nostalgia, intraprende un viaggio con destinazione Lampedusa.
L'estate degli ombrelloni fa sempre fatica a comprendere quella dei gommoni e degli scafi di fortuna: chi si scioglie al sole con tre strati di crema di protezione per la propria pelle, osserva sempre interdetto l'abbronzatura naturale dei reduci della grande attraversata.
Con buona pace degli estimatori della Bossi-Fini qualcuno ha deciso di rispondere in modo chiaro e inequivocabile alla richiesta d'aiuto che bussa dalle porte del mare.
E' chiaro che quell'isola non può e non deve parlare solo in Italiano perché se la Comunità Europea è solo moneta unica e banche, allora, è una solenne presa in giro meschina e truffaldina.
Lampedusa non può essere terra di nessuno, ma impegno e solidarietà di quei valori cristiani che hanno più bisogno di testimonianza reale che di belle parole sulla Carta Europea.
lunedì, 8 luglio, 2013, 08:18
Sono del tutto privi di empatia, ma sanno sempre mettere la lacrima al posto giusto.
Sono del tutto indifferenti al dolore altrui, ma recitano partecipazione e condivisione con la precisione di un orologio svizzero puntato sull'ora del dolore. La voce si strozza quando si accende la luce della compassione scritta sul gobbo o, anche solo tra quattro appunti che segnalano l'inizio del dramma.
I simulatori di lacrime, con una grande peso nel cuore, inviano gli altri a morire o a combattere e sono pronti a ricevere le salme rispedite al mittente.
Una bandiera che sventola, un'altra stesa sulla bara e un fazzoletto usa e getta come le vite di cui avrebbero dovuto prendersi cura.
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