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Ci sono letture un po’ troppo frettolose nell’interpretare quello che accade ogni giorno.
Letture che cercano di mettersi al riparo da ogni pericolo e trovano facili giustificazioni per rassicurare sé stessi e trovare un motivo di condanna per gli altri.
“Erano teste calde e se la sono cercata in qualche modo”.
“Se fossero stati più accorti non sarebbe successo”.
Trovare l’origine del male, considerarlo un corpo estraneo alle nostre vite e raccontarsi la favola poco credibile che a noi non potrà mai capitare nulla di quel genere.
Gesù ci ricorda che le cose non stanno esattamente in questo modo e quanto avviene intorno a noi ci riguarda direttamente e dove non c’è pentimento per la sterilità della propria vita, dove non c’è alcun desiderio di allontanarsi dal male, il rischio di perdere la propria vita è quanto mai concreto e reale.
Il Padre ha pazienza e misericordia, allunga l’orizzonte dei nostri giorni per offrirci una nuova occasione e per rimandare il taglio di ciò che non fiorisce e non fruttifica, ma il tempo per convertirsi e per cambiare vita prima o poi giunge al suo termine.
Quando la clessidra si svuota e giunge all’ultimo granello di sabbia non restano che i titoli di coda della nostra avventura su questa terra e presentarsi al Padre senza alcun frutto potrebbe rivelarsi un pessimo epilogo.
Siamo qui e di fronte a noi c’è la grande opportunità di cambiare direzione: meglio abbandonare la sterile pigrizia di una cesta vuota e provare umilmente a dare frutto.
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