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Non è facile sottrarsi all’immagine di grandezza che questo mondo ripetutamente, celebra.
L’attrazione per la grandezza che mette in fila un certo numero di zeri sul conto corrente, quella di chi conquista territori con l’uso delle armi o di chi impone con la forza il peso di una cultura a scapito di un’altra, quella di chi conquista un successo senza eguali suggerendo cosa indossare o mangiare, chi leggere o ascoltare, quale paese è meglio ignorare o devi assolutamente visitare…
Nel sogno effimero delle umane grandezze, il potere, il denaro e il successo continuano a godere un’ottima salute e chi conserva ancora l’innocenza di un bambino, trova come risposta l’irrisione, lo sberleffo e la facile commiserazione.
Anche i discepoli di Gesù sembrano ancora lontani dall’idea di una statura differente: Giacomo e Giovanni desiderano sedere alla destra e alla sinistra di Gesù e gli altri discepoli s’indignano, ma forse lo fanno perché avevano la stessa inconfessata idea e sono arrivati un attimo dopo…
Sono ancora lontani dalla consapevolezza di che cosa significhi bere dallo stesso calice di Gesù e dal ricevere il medesimo battesimo.
Il Maestro con grande pazienza traccia la strada di un’altra grandezza e certamente i discepoli si chiedono come sia possibile che chi serve sia più importante di chi si fa servire.
L’idea che diventare grandi significhi essere lo schiavo di tutti non era semplice da accettare ieri e non lo è neanche oggi. L’esperienza di qualunque persona profondamente onesta non tace quel desiderio di scegliere di misurare la propria statura utilizzando gli stessi parametri del mondo.
Tutte le volte che prendiamo coscienza di aver rincorso l’illusione dettata dal mondo a tale proposito è bene riconoscerlo e con un po’ d’umiltà tornare a percorrere quell’unica strada che può renderci diversamente grandi.
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